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Solo cinque anni prima nessuno avrebbe immaginato di andare in discoteca (discoteca rock, logicamente) e ballare una canzone dei Sonic Youth: ma ormai il gruppo è famoso, e “Drunken Butterfly” e “Youth Against Fascism” risuonano nelle uscite del sabato dei giovanotti di mezzo mondo.
“Dirty” è con ogni probabilità l’album che ha fatto avvicinare di più i Sonic Youth al pubblico, e la cosa che stupisce è che non è certo l’album più accessibile! Ma allora cos’è a spingere i diciottenni all’ascolto della band newyorchese? Dispiace dirlo, ma è il successo di “Nevermind”. Dispiace dirlo non per il valore dell’opera dei Nirvana, comunque passaggio fondamentale della musica negli anni ’90, ma per il semplice fatto che Kurt Cobain aveva mosso i primi passi nell’underground di Seattle salendo sul palco con la sua bella t-shirt con su scritto “Sonic Youth”, ed ora si ritrova a fare da trampolino di lancio mondiale proprio per la band a cui si era ispirato. Quando si dice che i figli superano le glorie dei padri… E comunque i quattro di New York alimentano ulteriormente il malinteso, affidando la produzione di “Goo” a quel Butch Vig che era stato l’artefice del multimilionario album dei Nirvana.
Comunque “Dirty” è un album che suona maledettamente grunge, pur nell’accezione del termine grunge che può avere un gruppo maturo come i Sonic Youth. La camicia di flanella portata da Ranaldo sul retro dell’album non è un omaggio al nuovo suono di Seattle (che di nuovo non ha molto, in realtà), è la semplice camicia di flanella che ha sempre portato. Il suono di “100%”, “Swimsuit Issue” e “Orange Rolls, Angel’s Spit” risente sicuramente dell’influsso dei Nirvana, ma è innegabile che sia puro suono “alla Sonic Youth”. E se è vero che lo stile ormai consolidato dal gruppo si ascolta soprattutto in “Wish Fulfillment” e “Sugar Kane”, è altrettanto vero che i due capolavori dell’album – la seducente e rabbiosa “Drunken Butterfly” dal ritornello che recita “I Love You, I Love You, I Love You, What’s Your Name?” e l’elettrizzante “Youth Against Fascism”, stupendo brano che suona come un rock classico rivitalizzato dal rumore – rispecchiano in pieno lo spirito della band.
Per il resto tante ottime canzoni. Tante. E la consapevolezza di essere rimasti fedeli a se stessi: come dice Thurston “Viviamo ancora nel nostro appartamentino a New York. Non andiamo a cena con Neil Young”; e di seguito Kim: “Sappiamo di dover dire qualcosa nelle nostre canzoni e lo facciamo: certo non alla maniera degli U2, non ci piacciono le prediche”. Per chiudere con Lee: “Dici che ci imitano? Boh, non so…ci sono dei volgari imitatori che si limitano ad accordare le chitarre in modo strano…per lo più fanno pena. Non c’è nulla di brillante nell’imitazione, mentre l’ispirazione è un’altra cosa”. E Steve: “Sembrerà stupido ma non m’importa quanto denaro guadagniamo: mi interessa fare dischi che abbiano qualcosa da dire. Ecco, voglio fare dischi che parlino”. Signore e signori, il Sonic Youth-pensiero.