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Spesso davanti ad un prodotto indipendente e autoprodotto come quello degli Onomatopea il recensore si trova costretto a prendere atto della buona volontà ma a riscontrare le mancanze produttive dell’insieme. Questo non è vero nel caso in questione, e risulta forse essere il punto più sorprendente del lavoro.
Il duo, formato da Andy Pietropaolo e da Delia Lyn (sua compagna nella vita), esordisce con undici pezzi splendenti, ispirati, e soprattutto prodotti con notevole gusto e competenza. A svettare ad un primo ascolto è sicuramente la voce cristallina e ricca di fascino di Delia, impegnata ad inseguire stilemi vocali non dissimili da quelli tipici della scena trip hop inglese – in particolar modo penso a Beth Gibbons dei Portishead e a Louise Rhodes dei Lamb – e molto vicini al “lirismo acuto” di Bjork.
Proprio alla scena anglosassone sembra ispirarsi il brano di apertura, “Timeless Moment” dalle atmosfere drum’n’bass che rimandano la mente verso l’esordio omonimo dei Lamb e verso certi passaggi dei Laika. Ma la cifra stilistica dell’album non è assolutamente tutta qui. Andy è decisamente un ottimo bassista, capace con trame semplici ma estremamente “consapevoli” di costruire atmosfere suadenti, come nel caso di “Dreaming”, forse la punta più alta dell’intero lavoro, ballata onirica, eterea e soffice come un petalo, cantata da Delia con una dolcezza senza limiti e sorretta (oltre che dal già citato basso) da un leggero arpeggio di chitarra e capace di perdersi tra le note del flauto (suonato da Delia) in un passaggio strumentale che rimanda ad atmosfere jazz filtrate dall’esperienza progressive (in particolare “In the Court…” dei King Crimson) e derivate dalla psichedelia. Veramente un brano di altissimo livello, che a mio parere non sfigurerebbe in un contesto internazionale.
La matrice jazz si può riscontrare in molti episodi dell’album, ma risulta particolarmente ispirata in “Infinite Burning” e nella splendida, conclusiva “Chant of the Migrating Soul” lunga suite narrata da Delia con una voce che qui svela anche una notevole profondità. Altro fondamentale punto di passaggio dell’opera è senza dubbio “Dreaming About You” dove l’attitudine acid jazz si lega ad uno spirito di ricerca antropologica, con un uso intelligente di percussioni dall’aria africana e dove Andy si permette un assolo di basso raffinato e assai notevole.
Forse il duo si dimostra leggermente meno a suo agio con l’avant-pop di “The Speed of Light” (brano carino, ma che sfigura davanti al resto del materiale), ma queste sono annotazioni pignole e probabilmente lasciano il tempo che trovano.
La realtà è che ascoltando “Onomatopea” ci si trova davanti un progetto ambizioso e spiazzante, che proietta la musica italiana a respirare un’aria internazionale, il che non è certo un male, anzi. Per ogni informazione tra l’altro c’è il loro sito (www.onomatopea.com), molto ben curato (con tanto di testi, foto, e pre-ascolti dei brani). Delia (voce, chitarra, flauto traverso, flauto hawaiano) e Andy (basso, tastiere, campionamenti e programming) hanno le idee molto chiare in mente. E, almeno per ora, veramente belle.