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Il terzo lavoro dei Dire Straits esce nel 1980, a soli due anni dal disco d’esordio. Il disco precedente, “Communiqué”, riprendeva essenzialmente gli stilemi folk-blues del primo album, levigandone un poco la forma e mostrando un Mark Knopfler in crescita come songwriter; “Making Movies” invece rappresenta per la band una svolta, ed un’accelerata decisa sulla strada della fama planetaria.
Il noto cantante, chitarrista, compositore e leader, si è schiarito le idee e decide di spingere in direzione del successo, senza scendere a compromessi sul piano della qualità. E’ ormai maturo come compositore e musicista, ma anche come manager del proprio talento. Un talento ed un’ambizione che negli anni successivi lo avrebbero portato ad auto-prodursi i dischi degli Straits, come anche a produrre lavori altrui (Bob Dylan, Randy Newman, Aztec Camera, Tina Turner, ecc.): la scalata al successo per il Nostro è cominciata relativamente tardi, quasi a 30 anni, ma è stata di una velocità vertiginosa, tanto che già a metà anni ’80 il personaggio mostrava segni di cedimento, scegliendo di riversare le proprie idee per lo più in side-projects, lontano dai riflettori e dall’insulso mondo dell’heavy rotation (ma non prima di aver fatto soldi a palate vendendo decine di milioni di dischi).
“Making Movies” quindi è figlio della fase più esplosiva ed ambiziosa della carriera di Knopfler. Non a caso il chitarrista ritmico degli Straits, ovvero il fratellino David, si è allontanato proprio durante la registrazione di questo album, pare a seguito di litigi ed incomprensioni con Mark, la cui figura dominante ed il cui talento dispotico probabilmente erano incompatibili con i rapporti di parentela stretta interni al gruppo.
Tutto l’album è pervaso di energia e tensione, percepibili già dalla bellissima song di apertura “Tunnel Of Love”, canzone lunga ed articolata – la struttura preannunciava le ben più lunghe cavalcate epiche del successivo “Love Over Gold” – romantica e toccante. Mitica “Romeo And Juliet”, che con quell’arpeggio di steel guitar, e con quella voce irresistibilmente ruvida, è diventata meritatamente una lezione di stile e di songwriting per ogni ragazzo che si avvicini al mondo del pop-rock chitarristico.
In “Solid Rock” emerge un lato rock’n’roll un po’ grezzo e compagnone, mentre “Expresso Love” è un altro gioiellino di rock efficace e tagliente. Chiudono il cerchio alcune tracce minori, comunque piacevoli: “Hand In Hand” che richiama i modi di “Romeo And Juliet”, “Skateaway”, ballata scorrevole e non troppo significativa, e “Les Boys”, ironico quadretto gay (a dire il vero quasi offensivo).
I testi delle canzoni, rispetto agli esordi, sono ora ‘universali’ e più distaccati dalla diretta esperienza personale dell’autore. Alla base ci sono sempre le note radici dei Dire Straits: il country-blues di J. J. Cale, ballate alla Springsteen, echi Dylaniani, e chitarrismo di ottima qualità. Ma la musica si è evoluta, forse un po’ a scapito di semplicità e freschezza, in raffinato mainstream rock, di quelli che ‘infettano’ velocemente l’ascoltatore. Merito anche della produzione del solido Jimmy Iovine (già produttore per Patti Smith, Tom Petty e per molti altri numi tutelari negli anni ’80), che mette in risalto i suoni, aggiunge qualche spruzzata di organo Hammond e pianoforte, e rende la chitarra un po’ più aggressiva e suadente.
Mix esplosivo: perfetto per animare una serata in un pub, in viaggio, o anche da ascoltare in cuffia nella propria cameretta. Il disco è un successone (al tempo, vende tantissimo anche in Italia) e ha il merito di arricchire il panorama mondiale del rock – dopo la storica “Sultans Of Swing” – con un altro paio di grandi classici made by Dire Straits: “Tunnel Of Love” e “Romeo And Juliet”.