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Geniale, ironico, graffiante. Manuel Agnelli è molte cose mescolate fra loro, ed allo stesso tempo è il leader sul palco di una band, gli Afterhours, che negli Anni Novanta ha segnato la scena italiana “underground”. Quello che dice non è mai scontato o banale. Leggere per credere.
Tu sei un artista difficile da inquadrare sotto un’unica luce. Sei un cantante, ma ad esempio sei molto attratto dal “reading” (il recitare testi usando un sottofondo musicale, N.d.A.). Cosa ti piace in particolare di questa forma d’arte?
“Per me è un laboratorio dove sperimentare nuove cose. Non è un hobby. E’ un bisogno che ho di avvicinarmi alla parola in modo diverso rispetto a quello che faccio abitualmente come cantante. Il “reading” è una forma d’arte dove c’è meno impatto fisico, ma si può costruire comunque una certa intesa col pubblico, ed è possibile creare sfumature diverse, nuove, ogni sera”.
Tu scrivi, produci, canti. L’idea di essere tratteggiato a volte come il Trent Reznor italiano ti affascina?
Risata fragorosa. “Coi capelli corti dicono che gli assomiglio molto… Battute a parte, il leader dei Nine Inch Nails è un personaggio interessante, ed essere accomunato ad un artista del suo profilo non può che farmi piacere. Comunque noi non abbiamo molto in comune coi Nin: loro hanno una predisposizione naturale per l’elettronica, noi siamo più rock, veniamo da un’altra scena musicale”.
I tuoi testi sono molto belli, a volte non ti dà fastidio che passino in secondo piano rispetto alle musiche?
“Io scrivo i testi in funzione delle canzoni. Non penso di scrivere poesie. Scrivo per me stesso, uso la scrittura come “auto-terapia”, a volte come sfogo per capire dove sto andando. Scrivere per me è una ricerca interiore. E mi piace quando i fans si ritrovano nei miei testi”.
Tu sei un personaggio controcorrente?
“No, e non faccio nulla per esserlo. Sono sempre stato sincero con me stesso, anche perché recitare una parte alla fine costringe a pagare prezzi troppo alti. Io sono me stesso, anche se mi rendo conto, a volte, di non essere un personaggio facile col quale trattare”.
Sull’uscita di Xabier Iriondo dalla band si è detto molto. Alcuni, a distanza di mesi, sostengono che l’abbia fatto perché il progetto “Afterhours” stava scivolando su binari “commerciali”. La tua versione qual è?
“Lo sa solo lui perché è andato via. Io credo che sentisse la necessità di fare altre cose, di avere più libertà per sé stesso e per la sua musica. Le insinuazioni su un suo abbandono legato ad una presunta deriva commerciale della band, sono infondate”.
Vi sentite ancora con Xabier?
“Ci sentiamo spesso”.
Ci sarà mai un seguito al tuo libro di racconti uscito qualche anno fa col titolo: “Il meraviglioso tubetto”?
“A me piace scrivere: prima o poi farò di nuovo qualcosa. Comunque non sarà un seguito a quel libro. Non sono uno scrittore prolifero. Scrivo solo quando ne ho bisogno”.
A proposito de “Il meraviglioso tubetto”, vedi mai Glicine Del Cosmo (uno dei personaggi immaginari inventati da Agnelli, N.d.A.)? E cosa ti dice?
Risata: “Lo vedo di rado, ci troviamo d’accordo su tante cose. Mi ha insegnato molto col suo modo di essere cinico e disincantato. Io e lui non abbiamo perso i contatti, ma non chiedermi di rivelarti qualche frase storica che mi ha detto, io e lui non utilizziamo frasi ad effetto quando parliamo…”. Questo è il… meraviglioso mondo di Agnelli.