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Gamma Pop è sinonimo di grande musica. Basterebbe citare il nome dei meravigliosi Julie’s Haircut per chiarire le cose, oppure splendide realtà del rock indipendente italiano come CUT, One Dimensional Man, Bartók. Tutti insieme costituiscono un catalogo davvero eccellente.
L’intervista con Filippo Perfido ci permette di approfondire il discorso e di comprendere le motivazioni che stanno dietro questo progetto. Ma è anche l’occasione per scoprire le difficoltà e gli ostacoli con cui scontrasi per fare musica in Italia.
Come è nata la Gamma Pop?
Nel ’95/96 io e un amico di Forlì curavamo una webzine (una delle prime in Italia, e per altro non di argomento strettamente musicale) chiamata proprio Gamma Pop. Poi nel ’96/97 si sono uniti a noi anche due ragazzi che studiavano con me a Bologna e abbiamo iniziato ad occuparci principalmente di musica, cosa che già facevamo sul mensile Music Club. Nel ’97 abbiamo deciso di far uscire una compilation di gruppi che ci piacevano e ci piacciono tuttora (dai Three Second Kiss ai Massimo Volume passando per Crunch e Ulan Bator) intitolata Metal Machine Muzak, una sorta di allegato virtuale alla webzine. La cosa ha funzionato, e così abbiamo deciso di tentare l’avventura, producendo dapprima il disco d’esordio dei CUT, poi i dischi di gruppi come Julie’s Haircut, Roseislandroad, Giardini di Mirò, Laundrette, Bartók, One Dimensional Man, Joe Leaman, Sean Meadows & David Lenci, fino al nuovo di Giorgio Canali di CSI / PGR, uscito l’anno scorso.
Gli ultimi mesi sono stati abbastanza difficili per noi, perché siamo stati praticamente costretti a rimanere fermi a causa di “piccoli” problemi tecnici legati alla distribuzione in Italia e soprattutto all’estero, e a problemi personali legati a grossi impegni lavorativi. Sì, perché malgrado quello che pensano molti l’etichetta non è il nostro lavoro e, anche se fino ad ora ho avuto un paio di fidi aiutanti (vale a dire Carlo e Ferruccio dei CUT, che hanno sempre prestato gratuitamente alla Causa il loro tempo libero), il grosso del lavoro e degli impegni me li sono sempre presi io, e l’anno scorso, fra agosto e dicembre, sono praticamente scomparso a causa del lavoro…
Inutile dire che questo lungo e forzato periodo di inattività ci ha causato non pochi problemi, sia dal punto di vista economico che da quello della credibilità. Non è stato facile spiegare la cosa e mantenere intatti i rapporti con i gruppi, e non sarà facile tornare sulle scene e avere la stessa attenzione da parte dei media e del pubblico, ma si sa come vanno queste cose: oggi ci sei e magari sei anche bravo, domani chissà… Ma forse è meglio così – in fondo è come una nuova sfida, come ripartire da zero e guadagnarsi di nuovo quello che avevamo prima, se non di più.
Che difficoltà incontrate a diffondere la vostra musica in Italia?
Le difficoltà sono tante e di varia natura. Diciamo che si va dai problemi tecnici, per esempio quelli legati alla distribuzione, a quelle economici, legati invece alla crisi dell’industria discografica nella quale in qualche strano modo rientriamo anche noi, passando per problemi un po’ più generali, come la scarsa cultura musicale e/o il limitatissimo mercato indipendente del nostro paese. Poi ci sono anche i problemi legati ai nostri limiti, alla nostra scarsa esperienza e alle nostre vite incasinate, per carità, ma sarebbero problemi facilmente superabili se tutto il resto funzionasse a dovere. Non è per piangersi addosso, anzi, visto che le cose stanno così tocca impegnarsi di più e cercare soluzioni alternative (per esempio esportare i propri dischi e la propria musica all’estero, altra cosa non semplicissima…), e la cosa ci sta bene, benissimo.Come sono i rapporti con le altre etichetti indipendenti?
In linea di massima direi buoni, nel senso che abbiamo un rapporto di rispetto e stima reciproca con etichette come Homesleep, Wallace, Freeland, Suiteside e ovviamente Ghost Records, solo per citare le prime che mi vengono in mente. Fra l’altro con Freeland abbiamo coprodotto “Concrete and Glass” dei Laundrette, qualche anno fa, e l’anno scorso Wallace ha pubblicato la versione su vinile di “You Kill Me” dei One Dimensional Man. Per il resto non saprei – a volte ho come l’impressione che non stiamo proprio simpaticissimi ad altre etichette, ma, come diceva un mio illustre per quanto discutibile conterraneo (sono romagnolo): “Molti nemici, molto onore”.
Avete prodotto dischi abbastanza diversi. Pensi che comunque ci sia qualcosa che accomuna i dischi della Gamma Pop?
E non hai ancora sentito i nuovi progetti… Penso sia fin troppo facile parlare di attitudine e/o di approccio alla musica, nel senso che sono belle parole che in sostanza non significano quasi niente. Direi piuttosto che alla fine della fiera è una questione di gusti: facciamo uscire solo i dischi che ci muovono, investiamo solo sui gruppi che ci piacciono, lavoriamo solo sui progetti in cui crediamo. Ecco perché, dopo dischi che vanno dal rock and roll al post-rock passando per il rock classico, non c’è da stupirsi se in futuro produrremo anche dischi hip-hop, o electro, o addirittura house – in fondo sono le cose che ascoltiamo tutti i giorni.
Come scegliete i gruppi da produrre? Come li trovate?
I primi ce li siamo trovati praticamente in casa, a Bologna: CUT, Roseislandroad e Laundrette. Poi abbiamo lavorato con tre gruppi che ci avevano fatto avere il loro demo, direttamente o attraverso amici: Julie’s Haircut, Giardini di Mirò e Bartók. A quel punto sono nate delle collaborazioni con gruppi e artisti che avevano già una storia alle spalle, in ambito indie come Joe Leaman, Sean Meadows, David Lenci e One Dimensional Man, o addirittura in ambito major come Giorgio Canali. In futuro penso che proseguiremo per questa strada, lavorando preferibilmente con gruppi che abbiano già un percorso ben definito e una credibilità, e investendo su gruppi all’esordio solo se e quando ne vale veramente la pena, com’è successo in passato con Bartók, CUT, Giardini di Mirò e Julie’s Haircut.
Quali progetti avete per il futuro? Si parlava tra l’altro di nuove uscite dei Julie’s Haircut.
In realtà non c’è ancora niente di sicuro riguardo all’EP dei Julies, nel senso che negli ultimi mesi il gruppo ha attirato le attenzioni di molte altre etichette, major comprese. Al momento sembra che abbiano scelto la Homesleep, anche se non c’è ancora niente di ufficiale. Ci tengo fin d’ora a precisare che, comunque vadano le cose, sia da parte nostra che dei Julies c’è stata la massima correttezza e che il nostro rapporto, se non altro di stima e amicizia, rimane invariato, tanto che a breve pubblicheremo una raccolta di singoli e inediti della band.
Per il resto, senza spingersi troppo in là ci sono i nuovi lavori di CUT (entro l’estate) e One Dimensional Man (entro la fine dell’anno), e alcuni progetti a cui stiamo lavorando proprio in questi giorni: Operator (duo elettronico formato da Teho Teardo e Scott McLoud dei Girls vs Boys) e Alessandro Raina (coprodurremo con Cane Andaluso il suo nuovo album, “Non Fiction”).
Ci sono inoltre ottime possibilità che nei prossimi mesi prendiamo, in esclusiva per l’Italia e per altri paesi europei, un’etichetta che si chiama SFDB Records (la sigla sta per Same Family Different Ballbag), si muove da due / tre anni all’interno della nuova scena hip-hop undeground inglese e fa capo a uno dei nuovi produttori più apprezzati in UK (Secondson), lavorando con gruppi e artisti come Junior Disprol, Fleapit, Beefeaters, Doyen & Cocka e Task Force.
Tra i dischi del vostro catalogo, quali sono quelli che vi sembrano più riusciti?
Ci piacciono tutti, in un modo o nell’altro, per cui è abbastanza difficile rispondere a questa domanda. Fra quelli usciti finora direi comunque “The Finest Way to Offend You” dei Bartók perché ha rappresentato qualcosa di veramente diverso non solo per il nostro catalogo ma per il panorama indie italiano in generale; “Stars Never Looked So Bright” dei Julie’s Haircut perché è un disco rock “classico” con delle grandi canzoni, e non tutti l’hanno capito; “You Kill Me” dei One Dimensional Man perché è una bomba, e perché è il lavoro più riuscito del miglior gruppo rock italiano; “rossofuoco” di Giorgio Canali perché secondo molti è un disco che non avremmo mai dovuto fare, e invece è bellissimo.
C’è qualche etichetta in Italia o all’estero che rappresenta un punto di riferimento per voi?
Non credo si possa parlare di veri e propri punti di riferimento, ma certo rispettiamo e apprezziamo molto il lavoro di etichette come Touch & Go e Dischord all’estero, e Homesleep e Irma in Italia. Se però ti devo fare il nome di una label che ha rappresentato e rappresenta tuttora un modello per Gamma Pop e per me personalmente, non ho dubbi: SST.
Un musicista o un gruppo che vi piacerebbe avere nella vostra etichetta?
Mmh, in realtà ce ne sono tantissimi, tutti diversi fra loro. Avrei lavorato volentieri con 50 Cent, se Dr. Dre non ce l’avesse scippato… Oppure con Carla Bruni, se non fossero arrivati prima i francesi… Scherzi a parte, diciamo che più realisticamente non mi dispiacerebbe lavorare con gente come Armand Van Helden, Dirty Vegas, Green Valvet, Moloko, Bush Tetras, Saccharine Trust, Scrawl, Suicide – la lista è davvero lunga…