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A certe persone sembra che riesca più facile che ad altre. Quella ricerca dell’autentico e dell’interessante in ciò che ci circonda, per dare gusto, pienezza, un senso alla vita: a Ivano Fossati riesce, o perlomeno gli riesce di condensare tutto ciò nei suoi dischi, e senza mai sbagliare un colpo.
Anche “Lampo Viaggiatore” non tradirà i fans del cantautore genovese, anzi. Forse li stupirà lievemente, ma con continuità rispetto al passato. Di nuovo in questo lavoro c’è una certa leggerezza che traspare da musiche e testi, e che prende in contropiede questi tristi tempi di guerra che senz’altro cozzano con uno spirito libero e pacifico come quello di Fossati. Senza rinunciare alla sua tipica raffinatezza e complessità, questi ci regala un lavoro che odora di primavera, di aria aperta, non certo di petrolio o uranio impoverito. Di fiducia, addirittura: coraggioso, come sempre poco allineato.
L’album si apre con “La Bottega Di Filosofia”, il primo singolo, un pezzo che affida ad un quasi-funky un’effervescente serie di incitazioni positive. Qui ed in tutto il disco, Fossati parte come d’abitudine da un piano autobiografico per arrivare a parlarci del mondo e dei nostri sentimenti. E lo fa regalando ancora bellissime immagini evocative (“le nostalgie di ieri sono pioggia sull’asfalto, sono pioggia sull’asfalto d’estate”, da “La Bellezza Stravagante”), metafore spesso nascoste, o a scoppio ritardato, che solo parecchi ascolti permetteranno di intuire.
Ivano è tornato a parlarci di tempo, ricordi, di viaggi e paesaggi, di donne e bellezza, Italia, modernità, emigranti… Il suo sguardo non è cambiato: poetico, sognante, calmo ed emozionato, attento alle sottigliezze e alle ragioni del cuore, uno sguardo al quale indizi apparentemente simili possono mostrarsi completamente distinti. Ma giusto con un pizzico di semplicità in più rispetto al passato. Da segnalare inoltre la presenza di un bel pezzo scritto da Fossati per Celentano qualche anno fa (“Io Sono Un Uomo Libero”), a suggerire curiosi parallelismi tra i due personaggi.
Parte della freschezza del disco è dovuta sicuramente alla produzione dello stesso Fossati, e al gruppo che fa da supporto al cantautore. Al posto del collaudato ensemble che ha sfornato le gloriose ultime produzioni (Beppe Quirici, Elio Rivagli e compagnia: obbligatorio l’ascolto dei due album live del 1993 per comprenderne la potenza) si trova una nuova band, che non fa comunque rimpiangere il passato.
Oltre a nomi di culto del panorama musicale italiano come Lele Melotti, da segnalare la presenza del figlio Claudio, notevole batterista e percussionista, e il sax di Valentino Bianchi dei Quintorigo. Ivano siede al pianoforte solo in qualche episodio, peraltro notevole (in “Ombre E Luce” ad esempio), cedendo spesso il compito ad altri. Il risultato è un pop raffinato, una leggera tela musicale che accoglie perfettamente le tipiche tessiture melodiche Fossatiane. Il cantante, inoltre, fa uso di un timbro vocale roco e diretto, guadagnando in sincerità.
L’anno si è dunque aperto con il gradito ritorno di uno dei migliori cantautori viventi. Un ottimo lavoro, in cui non spiccano momenti isolati, ma piuttosto caratterizzato da un livello medio elevato di tensione positiva. Un altro prezioso regalo, da scoprire e custodire con gelosia. E dunque, ancora una volta: Grazie, Ivano.