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I Buzzcocks sono una delle band storiche del fertile circuito punk di fine anni ’70. Il loro punk, melodico a tal punto da confondersi con il pop, fu d’ispirazione per molte band che negli anni ’80 e ’90 cercarono una mediazione fra rumore e melodia.
Il loro ritorno sulle scene sembra voler abbattere i 26 anni che distanziano questo lavoro omonimo dall’EP d’esordio “Spiral Scratch” pubblicato nel 1977, quando a capo della band c’erano ancora sia Pete Shelley, tuttora mente e leader del gruppo, sia Howard Devoto che abbandonò i Buzzcocks dopo l’uscita di “Another Music in Different Kitchen” per formare i Magazine.
L’impatto della musica proposta da Shelley e compagnia è ancora devastante, capace di sfornare ritornelli orecchiabili e spesso irresistibili, come l’incedere vagamente epico di “Keep On”. L’urgenza pop è riscontrabile soprattutto in Shelley, mentre i brani più intransigenti portano la firma di Steve Diggle, seconda chitarra e seconda voce, che in “Wake Up Call” e in “Driving You Insane” evidenzia i rimandi alla new wave.
Il resto dell’album sopravvive su questa sottilissima linea di mezzeria che divide il frastuono punk dalle accattivanti melodie pop, ricordando in alcuni passaggi territori esplorati in passato dagli Husker Du (questo parallelismo appare inevitabile soprattutto ascoltando “Sick City Sometimes”, altro brano di Diggle) ma rimandando soprattutto alla memoria dei celebri singoli che Shelley sfornò a ripetizione alla fine degli anni ’70 (da ricordare sicuramente “Harmony in My Head”, “Orgasm Addict”, “Ever Fallin’ in Love” e la straordinaria “What Do I Get”) e che sono raccolti in gran parte nell’ottima antologia “Singles Going Steady”, uscita per la I.R.S. nel 1979.
Il brano più caustico del lotto, e quello che probabilmente dà maggior lustro all’intero album è “Stars”, scritto a quattro mani da Shelley e Devoto, che torna a dare una mano qui e nella trascinante “Lester Sands”. L’album si chiude sulle note rabbiose e epiche di “Useless”. Dopo più di venticinque anni i Buzzcocks non hanno nulla di realmente nuovo da dire, ma quello che fanno lo fanno benissimo, e colpiscono al centro con una facilità imbarazzante.
Un puro album di intrattenimento, nulla di più, da ascoltare saltellando nella propria stanza senza un motivo né una direzione. A volte c’è proprio bisogno di album così…