Share This Article
“Ether Teeth” è uno di quei dischi bizzarri e sorprendenti che arrivano all’improvviso come doni inaspettati. Lavori che si amano anche perché il mondo sembra non accorgersi della loro esistenza. “Ether Teeth” sta lì, il profilo di un uccellino disegnato sulla sua splendida copertina rossa, l’opera fragile del talento di Andrew Broder.
Un disco che ha il fascino delle registrazioni casalinghe, delle canzoni concepite tra le quattro mura della propria stanza, segnali di vita lanciati al mondo con tenerezza. “E’ facile sentirsi strani e soli in queste notti ubriache” canta Andrew Broder nella deliziosa “The Girl From The Gum Commercial” con un tono di disarmante leggerezza. Uno dei brani più riusciti del disco, tra bislacche e tristi filastrocche e affascinanti brani strumentali, in cui spuntano da ogni direzione rumori, voci, squilli di telefono e, certo, cinguettii.
Segnali di disagio incisi in modo semplice, canzoni che hanno quell’aria naif e sognante che si fatica a non trovare irresistibile, tra qualche ingenuità e qualche episodio un po’ troppo compiaciuto. Passando dalla confusione gioiosa della melodia di “What A Day Day” agli undici minuti delle ammalianti trame strumentali per piano e chitarra di “Wallpaper Sink Or Swim”, si arrivaal frammento per voci, xilofono e cinguettii che chiude il disco.
Fog sembra nel complesso impegnato a incidere le proprie emozioni in brani dove quasi per scherzo confluiscono le canzoni sghembe di Sparklehorse e Microphones, i riverberi dei My Bloody Valentie qualche sprazzo di elettronica. Sospesi da qualche parte tra chitarre acustiche appena pizzicate, qualche intervento bizzarro e chiassoso dei fiati e fughe strumentali, usando tutto come per gioco. Chissà, forse è proprio questo approccio giocoso a rendere “Ether Teeth” così toccante. Da scoprire e cullare.