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Senza ombra di dubbio, nell’anno 2003 le cose migliori nell’ambito del rock italiano le stanno facendo gruppi poco abituati al clamore e alle attenzioni riservate ai principali nomi della scena “alternativa”: basti pensare a dischi come quelli di Virginiana Miller, Baustelle e Bartòk, solo per citare i migliori, per rendersi conto di quanto detto.
Sembra che alla lista di cui sopra vada aggiunta anche la terza prova dei frosinati Mosquitos, il cui suono diventa sempre più focalizzato e personale, eccitante per quanto improbabile fusione di opposti: musica che vive di pochi accordi, di canzoni che si allungano come psichedelici vortici sonori, salvo poi contenere fulminee fiammate di energia, al limite del punk, al loro interno. Non deve essere facile mantenere questo equilibrio per tutta la durata del disco, e infatti il gioco non sempre riesce, ma quando il trio azzecca la progressione giusta, o la melodia che ti si incolla al cervello, beh, la domanda è sempre quella: come mai i Mosquitos sono condannati a rimanere un segreto custodito da pochi?
Insomma, peccato per quei pochi momenti dove i tre si perdono per strada (nella conclusiva e interminabile “Ten pictures reversed”, ad esempio, sembra di ascoltare una versione pesantemente ubriaca dei R.E.M.), ma “Electric center” è davvero un ottimo disco, zeppo com’è di riferimenti al Paisley Underground e all’indie rock degli anni ’80: l’iniziale “Mosquito” attacca rugginosa, per poi aprirsi a pochi semplici accordi, e subito la testa corre verso i Dream Syndicate; in “Heartcake” le chitarre graffiano come nelle canzoni dei Pixies, lo strumentale “In mid air” affoga tra echi e riverberi come i migliori My Bloody Valentine, “Solvency” cerca di ammorbidirsi con l’intervento di un pianoforte, ma in sottofondo le chitarre continuano a rumoreggiare.
Insomma, poche incertezze e molte belle canzoni, in questo disco; l’ennesimo ottimo disco italiano uscito in questo 2003.