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Mr. Henry, da Varese, si presenta con questo disco d’esordio diviso in quattro sezioni, una per ogni parte del giorno. In tutto quattordici pezzi che assomigliano più a bozzetti che a vere e proprie canzoni.
Sembrano appunti scarni, note buttate giù per catturare un episodio o uno stato d’animo. Non a caso i primi brani del disco sono brevi stralci che raccontano un po’ della vita di Mr. Henry e hanno titoli che raccontano bene l’atmosfera del disco. Canzone d’amore inutile, Stanza in affitto, Canzone idiota. Tutto inciso con strumentazione parca, chitarre, un piano, talvolta una sezione ritmica. Dà il senso di un disco molto onesto, che piace perché ha davvero qualcosa da raccontare, almeno fino a quando non si perde in un suono troppo classico, “Sad” o insegue rumori che suonano asettici, la “Fallin’ Down on Lonely Days” ripresa come traccia nascosta.
Invece nei momenti più riusciti “Lazily Go Through…” è un disco fatto di ballate scure, che sfiora la profondità di Mark Lanegan, “Let’em Think so”, e la malinconia di Ed Harcourt, “Fallin’ Down on Lonely Days Part I “, quando invece non diventa cupo fino a ricordare Nick Cave, “Fallin’ Down on Lonely Days Part II” e “Love Call”.
Un lavoro che guarda alla poesia e omaggia T.S. Eliot, la citazione dell’incipit della “Terra Desolata” in “Slow.Burn.”, e Emily Dickinson. Anche se i nomi servono più come riferimento che per altro. I pezzi hanno un suo senso di vitalità e di cose vissute che spesso lo riscatta da ogni influenza. Affiora la voce cavernosa e profonda di Mr. Henry che finisce per avvicinare quella di Leonard Cohen in uno dei pezzi più compiuti e intensi, “Youth Song”, dove i Midwest al completo affiancano il Nostro in una ballata che si distende con grande fascino. Lo si vorrebbe forse ancora più spoglio e scarno, ma “Lazily Go Through…” resta un esordio felice. Per chi ama i dischi scuri ed appassionati.