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Tim Rutili è uno di quei personaggi che la musica americana ha finito ingiustamente per relegare nell’ombra. Nessuna grande attenzione da parte del pubblico per le sue creature, i Red Red Meat prima e, da qualche tempo a questa parte, i Califone, che possono già vantare una cospicua discografia dopo soltanto cinque anni di attività.
Rutili ha saputo invece costruirsi la fama di artista di culto portando avanti un disco dopo l’altro la propria musica, affidandosi solo alla sua voce accorata e appena ruvida e alle sue canzoni. Con i Califone riprende ancora più che in passato le radici del suono americano per dissotterrarle e riportarle alla luce come in tanti hanno fatto ultimamente. Solo che i Califone riescono meglio di chiunque altro a impadronirsi di quei suoni e a farli propri, a rileggerli con gli occhi di oggi.
“Quicksand/Rattlesnakes” è l’approdo finale della musica di Rutili, un disco polveroso, che sa di folk crudo e aspro, ma anche di melodie sincere, dove le canzoni riescono ad essere tanto scabre quanto brillanti. Si passa da esprimenti alla Tom Waits, “(Red)” con la sua andatura tortuosa che sa di jazz, a episodi in cui emerge l’anima più rumorosa e moderna del gruppo, “Your Golden Ass”, che rilegge i Rolling Stones con tanto calore e un pizzico di irriverenza.
Si toccano ballate costruite su pochi nitidi accordi di piano e sulla voce calda di Rutili, “Horoscopic. Amputation. Honey”, disarmante nel saper coniugare semplicità e intensità. Poi si incontrano i momenti più vicini alla tradizione, “Michigan Girls” e “Mean Little Seed”, tra chitarre acustiche, violini e banjo, con tanto di omaggio a Gram Parson, la splendida “Million Dollar Funeral”. Il sapore rurale che affiora è crudo e sofferto, raccontanto con grandi canzoni come “When Leon Spinx Moved into Town” e “Vampiring Again”, ballate notturne e intense, da cui è difficile non essere catturati.
Insieme a quello di Cat Power uno dei migliori dischi usciti quest’anno dagli Stati Uniti.