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“Silent moving picture” continua a girare sul mio stereo da un paio di settimane, e sta diventando difficile staccarsi da questa bellissima sorpresa, da canzoni scarne che sanno accarezzarti, per poi colpirti duro subito dopo.
Trame morbide, un piano Rhodes su cui si appoggiano la maggior parte delle canzoni, una sezione ritmica concreta ma mai invadente e, su tutto, il talento e la vocalità raffinata di Michelle Casillas, unica compositrice del trio e responsabile di voce e tastiere: senza scomodare Joni Mitchell o Laura Nyro, paragoni calzanti ma decisamente troppo ingombranti per un’autrice al debutto, la si può inquadrare come una versione indie di Fiona Apple; paragone tutt’altro che disprezzabile, ne converrete…
Le canzoni sono delicate ma non melense, morbide ma senza rinunciare a sfumature spigolose: basti sentire come il trio trasforma “Summertime rolls” dei Jane’s Addiction in una canzone ammaliante, priva di ogni isteria; che questo sia il miglior brano in scaletta sta anche a dimostrare come la Casillas debba ancora migliorare come autrice, cercare di differenziare maggiormente i diversi brani tra loro, dare ai propri testi immagini meno banali: difetti sui quali si può anche passare sopra, anche tenendo a mente che si tratta pur sempre di un debutto, quando arrivano i sussurri di “Works like a charm”, il passo lento e pericolosamente maliardo di “Damage control” e una title track lirica ma innervata di rumore, solo per citare alcuni momenti.
Difficilmente gli Ursa Minor saranno solo una meteora: un disco, che, pur con gli inevitabili difetti, richiama alla mente i migliori nomi della canzone al femminile USA, sia quelli storici (le già citate Joni Mitchell – “Crossing lines” – e Laura Nyro, ma anche la sagoma scheletrica di Patti Smith fa capolino in “Steady”) che quelli più attuali (Fiona Apple e, logicamente, Tori Amos, nell’attacco della romantica “The frame”), può essere tutto meno che un bluff. “Silent moving picture” sarà una bella sorpresa per chiunque vorrà accostarvisi.