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Il miglior complimento che si possa fare ai Grovvers, da Invorio, Novara, è di essere autentici.
Non c’è alcun vezzo nel loro “A Handful of Songs about our time – volume 1”, solo la voglia di raccontarsi attraverso la musica che si ama.
Certo non sarà un disco in grado di rivoluzionare la musica o di cambiare la vita a qualcuno. Ma il piacere nell’ascoltare i Grovvers sta proprio nella semplicità e forse anche nell’ingenuità delle loro canzoni, nel loro pagare tributo alle proprie radici senza farne alcun mistero. Radici che affondano nel rock aspro e visionario dei Dream Syndicate, nel Dylan elettrico, forse anche nei primi lavori firmati dai Yo La Tengo.
Tanto è vero che quando il gruppo appesantisce la struttura dei brani con arrangiamenti troppo curati e raffinati, è il caso di “She’s a Different Girl”, si avverte qualcosa di stonato e fuori posto. Il resto però è diretto da tutt’altra parte. Nelle tracce più energiche ha il gusto di un rock incisivo vicino al Paisley Underground, la trascinante “And If (I’ll Be There)”, con i suoi richiami ai Dream Syndicate, il crescendo di “I Keep Flying” e la riuscita “Let the Good Things Roll”.
Altrove ha un incedere più aggraziato vicino al suono limpido di certe ballate di Steve Wynn, il delizioso episodio intitolato “Another Rainy Day”, il brano più riuscito di tutto “A Handful of Songs about our time – volume 1”. Così come sono convincenti i momenti più vicini al folk, “Release Me” e la rilettura della “Working Class Hero” firmata da John Lennon, oppure “Strike” e la conclusiva “Peace Is My Name”, che spiegano bene quali siano le convinzioni dei Groovers.
Un disco non indispensabile, ma non per questo meno piacevole.