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Mentre “Lesser Matters”, senz’ombra di dubbio tra i migliori album dello scorso anno, continua ad essere un miraggio per il popolo italico (uscirà solo il prossimo 2 Luglio) ecco venire alla luce questo EP.
Cinque pezzi che tengono alta l’attenzione verso il gruppo svedese e che mantengono le promesse che ci erano state fatte solo pochi mesi fa. L’apertura è data dalla title-track: una batteria elettronica alla quale si aggiungono due chitarre melodiose. Il crescendo propone il solito muro di suono ipnotico e sognante che aveva segnato gli episodi migliori del lavoro sulla lunga distanza mentre la voce effettata rende il tutto ancora più indefinibile. I riferimenti musicali della band non sembrano essersi spostati di una virgola.
Il brano seguente lascia letteralmente a bocca aperta: basato interamente su una scala di note della tastiera presenta una batteria ovattata, coretti pop, profondità da organo, un crescendo vellutato sul quale compaiono ectoplasmi di rumori e sporcizie elettroniche. La struttura sonora rimane la stessa per l’intero brano: la reiterazione degli elementi è sicuramente una delle cifre stilistiche della band che preferisce, rispetto ai cambi di ritmo, un uso smodato dell’accumulo di suoni. Arte dell’arricchimento, non della varietà. Una cosa è certa: “We Climb the Wired Fences” si presenta non solo come uno dei migliori brani prodotti dalla band, ma come una delle più grandi intuizioni pop degli ultimi anni.
Divertente e scanzonato l’incedere di “I Don’t Need Love, I’ve Got My Band”, dove il titolo dona senso all’intera operazione musicale e dove l’attitudine catartica viene abbandonata in favore di una frenesia gentile – solo a tratti disposta a diventare rumore – di cui è davvero arduo non innamorarsi. “Someone Else” è una pura e semplice dimostrazione di classe: la cosa sbalorditiva è il carisma e la sicurezza che la band dimostra già di mettere in mostra. E pensare che stiamo parlando di semi-esordienti! Riverberi e accenni di chitarra aprono la conclusiva “The City Limit” prima del solito irrompere di batteria che trascina la canzone in una danza senza peso, nella quale la gravità perde qualsiasi connotazione reale.
La domanda da porsi a questo punto è una: bastano un album e mezzo e una quindicina di canzoni a fare dei Radio Dept. un gruppo su cui contare ciecamente? Difficile dirlo, ma una cosa me la sento di affermarla: se dovessi scegliere un ristretto numero di album da portare su una fantomatica isola deserta, oggi come oggi per questi ragazzi svedesi ci sarebbe sicuramente un posto d’onore.