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L’album d’esordio degli scozzesi Franz Ferdinand rappresenta indubbiamente la grande sorpresa del 2004, sorpresa peraltro annunciata già alla fine dell’anno precedente dall’uscita del folgorante singolo d’esordio “Take me out”, il quale ha scatenato la famelica stampa inglese nell’ormai stanco rituale della caccia al gruppo che si sobbarchi il fardello della pesante eredità dei soliti Beatles, Stones e giù fino agli Oasis.
Il quartetto – che prende il nome dal principe asburgico assassinato a Sarajevo nel 1914, delitto che fu la goccia che fece traboccare il vaso pieno di odio tra le nazioni e che scatenò la Prima Guerra Mondiale – nasce a Glasgow, città che ripetutamente torna alla ribalta della musica britannica grazie alla sua scena sempre vitale e attenta alle novità, città in qualche modo ancora operaia (che termine desueto!) dove la rabbia e la segregazione s’incanalano a volte in significativi percorsi artistico-culturali. In breve tempo i FF trovano la loro ideale base logistica presso una casa abbandonata da loro occupata, chiamandola con ironica pretenziosità Le Chateau. Qui i ragazzi del luogo vengono velocemente attirati dai concerti estemporanei della band, che si trasformano sovente in grandi feste nelle quali la gente balla forsennatamente. E questo è proprio l’obiettivo dichiarato dal leader Kapranos, fare ballare tutti, specialmente le ragazze: un approccio da rock and roll primordiale!
Si può affermare con sicurezza che l’album non è altro che la fedele ripresa dell’energia sprizzata dai FF durante le loro esibizioni e l’opening track, “Jacqueline”, è un felice compendio di dolcezza e potenza: l’inizio lirico ed evocativo modello Smiths s’infrange contro un giro di basso duro e arrabbiato che introduce un bellissimo impasto New Wave marca 1978/79. “Tell her tonigt” è sincopata, dal testo divertente e ironico, con qualche debito musicale verso i Gang Of Four. “Take me out”, il singolo d’esordio, ha un inizio strepitoso, tiratissimo, che cala ritmicamente per trasformarsi in un disco punk irresistibile. “The dark of the matinée”, “Cheating on you” e “Darts of pleasure” sono probabilmente i picchi del lavoro.
La prima è semplicemente un instant classic, una canzone pop perfetta, grintosa e contemporaneamente piena di dolcezza, un biglietto di sola andata per la fama duratura. “Cheating on you” è bestiale, il testo è semplice come un rock and roll anni ’50, la grinta è primitiva, come se tutta l’animalità e la sensualità che il rock sa esprimere fossero qui condensate. “Darts of pleasure” è un gioiello pop tout court, con un finale (in tedesco!) roboante e liberatorio da far tremare le pareti. Tra echi di Talking Heads e XTC (“This fire”), ammiccamenti bipartisan a ragazze (in quasi tutti i pezzi) e ragazzi (“Michael”), FF si chiude con “40’”, un finale che nella sua inattesa morbidezza (a tratti interrotta da ampi squarci di acidità filo-psichedelica) appare come una porta aperta su future tendenze artistiche del pimpante ensemble scozzese.