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Raramente un lavoro musicale ha dovuto subire le pene distributive che hanno accompagnato l’ultima fatica dei Fall: come prima cosa l’oramai celebre ritardo nell’uscita del materiale, voluto da Mark E. Smith stesso in seguito all’indebita apparizione online dei brani dell’album prima della pubblicazione ufficiale. Il leader della band, indispettito, è ritornato in studio a remixare tutto da capo.
Poi, dopo l’uscita alla fine dell’anno scorso senza particolare riscontro da parte del pubblico, ecco la ristampa perfettamente identica a parte una copertina modificata, due brani aggiunti e alcuni titoli modificati. Mossa opinabile da parte dell’ufficio marketing: se un nome come quello dei Fall non attira più difficilmente una veste grafica accattivante potrà risollevare le sorti economiche della vicenda. Comunque, eccoci a parlare finalmente del “Real New Fall LP”, ovvero una delle conferme più piacevoli dello scorso anno, paragonabile al ritorno sulle ribalte internazionali dei Wire.
E proprio con la band londinese i Fall condividono una verve che va ben oltre gli acciacchi propri dell’età: ascoltare l’iniziale “Green Eyed” per credere! Puro synth-pop anni ’80 trascinante e fragoroso dominato da muri di suoni e tastiere avvolgenti sul quale si va a distendere il parlato ironico di Smith. Un intermezzo claustrofobico abitato da riverberi e clangori incomprensibili e poi via di nuovo con la strofa. Dio mio, siamo di fronte a una band che si avvia a festeggiare i trent’anni di esistenza eppure potrebbe benissimo trattarsi di una qualsiasi band esordiente. “Mountain” sprizza purezza New Wave da ogni poro, condotta per mano da un basso corposo, sprazzi di chitarra e una batteria monocorde e ossessiva, “Sparta 2 XX” è un divertissement che mescola una chitarra orientaleggiante, cori, handclap e slogan da stadio.
A volte sembra di immergersi in un torrido clima garage, dove le chitarre la fanno da padrone, perse tra sfuriate improvvise e feedback impazziti, altre volte l’atmosfera si fa malata, depressa, schiacciata dal peso della gravità, altre volte ancora i Fall si avvicinano ad una rilettura del funk. Infine sembrano attratti da ritmiche robotiche proprie dei Kraftwerk.
Questi sono i Fall targati 2003/2004, una band rivitalizzata, che viene naturale applaudire ed esaltare. Se dopo venticinque anni di attività si ha ancora la voglia e la capacità di comporre a questi livelli allora c’è ben poco da obiettare; si può solo stappare una bottiglia di vino buono, lasciarla decantare e alzare i calici in onore di questi “ragazzi”. Complimenti.