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Di certo non si può dire che sprizzino allegria gli Innocent X: la copertina di “Fugues”, benché il titolo evochi brillanti pagine contrappuntistiche, è minacciosa e inquietante come la loro musica, che tuttavia, in questa seconda prova discografica, mostra segni tangibili di una maggiore maturità. Un assestamento del tutto fisiologico, che, nel confermare le brumosità di “Haut/Bas” così come la propensione per la reiterazione spesse volte ossessiva delle frasi musicali, le risolve in modo complessivamente più felice. In particolare, l’introduzione della voce umana con funzione recitativa arricchisce di teatralità straniante l’ordito musicale, a tutto vantaggio dello stile della band, che si definisce e personalizza maggiormente: estremo ma pur sempre classico.
C’è poca elettronica in “Fugues”: suona come un film di fantascienza di una volta, con scenografie autentiche che nulla sanno di computer; e questo, in epoca di paesaggi sintetici e più o meno fasulli, costituisce probabilmente un elemento di distinzione. Tutto sta nell’accettare o meno lo spleen grigio-nero che domina dappertutto, o quasi. Sì perché uno spiraglio di luce effettivamente c’è, proprio alla fine del tunnel: “Fugue”, con il suo breve idillio di flicorno (suonato da François-René Labous), è davvero un tentativo di fuga verso più sereni pensieri, quelli che fanno capolino in alcuni momenti di un album da meditazione, povero di sviluppi complessi nei temi perfino nei brani più lunghi come “Insomnie”: tanto felice ed emozionante negli accordi della prima parte quanto amara per quella sensazione di irrisolto che si porta dietro.
L’effetto di estenuante sospensione è forse voluto, cercato consapevolmente per far risaltare, della musica, più la matericità che la mutevolezza, in una dialettica conflittuale essere-divenire che talora è in grado di creare effetti piuttosto interessanti: specialmente in “Nord”, dove all’immobilismo atmosferico della prima parte si contrappone l’apertura melodica molto britannica della coda. La sostanziale riuscita di un pezzo come “Comédie”, rimpolpato dalla voce di Anne-James Chatton, fa d’altra parte ritenere che la presenza di un vocalist a tempo pieno non potrebbe che giovare in futuro alle trame strumentali del trio francese, frutto di una scrittura già di per sé in certo modo drammaturgica.
Forse il terzo album sarà in grado di dare risposte definitive sull’effettivo valore e sulle prospettive degli Innocent X, il cui alto potenziale è tanto indubitabile quanto talvolta, almeno apparentemente, non del tutto espresso.