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Un solo dubbio mi è soggiunto nell’includere “Danny The Dog” nei Musikal! Awards 2004: che non fosse un personale tentativo di rimediare alla poca importanza che il sottoscritto diede, al momento dell’uscita, a “100th Window”, scelta poi rivelatasi assolutamente poco felice dato che è venuta maturando la convinzione che “la centesima finestra” sia tra le cose migliori e più innovative del 2003. La risposta non può che essere negativa.
“Danny The Dog” è sì un abbozzo di idee a volte non del tutto sviluppate, di pezzi che in gran parte non superano i due minuti, un album con sonorità non così dinamiche come i Massive ci hanno abituato, ma è comunque un prisma che mostra moltissimi lati dell’elettronica attuale, oltre che una testimonianza fondamentale di come il lavoro della band di Bristol sia curatissimo e stratificato. Queste potevano essere le bozze di un vero e proprio album, ma nascono e prendono vita come esseri autonomi per dare completezza alle immagini di “Danny The Dog”, film prodotto da Luc Besson che uscirà a febbraio 2005 e che racconta di uno schiavo ritardato che ha imparato solo a combattere e che ritrova umanità nel pianoforte.
Che la musica dei Massive Attack fosse stata, quasi da sempre, adatta ad accompagnare delle immagini è lampante anche ad un bambino, ma in questo caso assume una progettualità e un respiro davvero fascinoso. Il trip-hop è lontano, ancora di più quelle deviazioni nelle sonorità nere presenti in “Blue Lines” e “Protection” e del resto già totalmente abbandonate con “Mezzanine”. L’attenzione si sposta su una musica che si potrebbe definire d’ambiente: non l’ambient in voga a metà anni ’90, il che sarebbe una caratterizzazione limitativa, ma una musica in grado di riempire perfettamente uno spazio.
Tra canzoni che paiono cani che mordono (“Simple Rules” e “The Dog Obeys” sono cattivissime e potrebbero dare la paga agli ultimi mosci Prodigy), tentazioni da telefilm seventies (“One Thought At A Time”), malinconie con vibrafono ed strings (“Sam”, tema melodico ripreso con archi pizzicati in “Two Rocks and a Cup Of Water”), i Massive danno prova di una capacità a pensare e fare musica a 360° come ha dimostrato ad esempio anche il chitarrista dei Radiohead – Jonny Greenwood – in un’altra ottima colonna sonora, “Body Song” (2003).
I Massive Attack lo fanno senza eccessive sperimentazioni, ma con tanta, tanta classe.