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Qualsiasi major avrebbe voluto accaparrarsi i diritti per le compilation dei DFA, su questo nessun essere umano dotato di senno potrà mai avere dei dubbi. Il perché è presto spiegato: James Murphy e Tim Goldsworthy rappresentano una sicurezza di qualità e commerciabilità, e questa non è certo cosa da tutti. Ma è veramente tutto qui il senso di un’operazione mastodontica come quella che ci è stata proposta negli ultimi mesi dello scorso anno? No, anzi, il valore del secondo capitolo della “DFA Compilation” si può trovare proprio uscendo dalle disquisizioni sulla contemporaneità.
Perché ciò che è racchiuso in queste trenta tracce non è una mera elencazione, magari remixata e rivisitata, del nostro presente ma una sorta di volo transoceanico che, partendo dalle direttrici sonore del duo – e dunque dagli anni ’80 – attraversa il nostro attuale per condurci diritti diritti nella musica che sarà. Una profezia in tre paragrafi, per dirla in parole povere. Per comprendere appieno questo percorso basta lasciar fluire via l’iniziale “Casual Friday” dei Black Leotard Front, ipnotica, scossa da bassi funkeggianti, chitarre liquide e una base extraterrestre ed extra-genere. Ogni frammento di quello che (stavolta la predizione tocca a chi scrive) sarà oggetto di culto per molto tempo a venire vive sulla sottile linea di confine tra epoche, stili e ipotesi etiche; un trans-genere totale e incapace di porsi dei freni, spinto dall’urgenza del futuro, costruito o immaginato che sia.
Difficile il compito di elencare le perle racchiuse in queste tre ore e passa di musica: dalla psichedelia droide di “I Robot” al pop urlato, sporco e meccanizzato – con splendidi intermezzi elegiaci – di “Alabama Sunshine”, dal blues metropolitano e paranoico di “Sunplus” al tribalismo sintetico e avant di “Beat Connection” di LCD Soundsystem, dall’essenzialità percussiva sconvolgente della jam con i Liquid Liquid di “Bellhead” ai lavori in corso su Black Dice e Rapture tutto suona nuovo, ipertrofico, devastante.
Appare fin troppo riduttivo dover parlare della “DFA Compilation #2” come di un lavoro del 2004, e per questo mi sono permesso di citarlo super partes nella annuale classifica dei buoni e dei cattivi: opera che per la sua stessa genesi risulta inadatta a una classificazione, per quanto positiva essa sia. Perché l’universo è in continua espansione e il nostro mondo continua a compiere moti intorno al sole, e perché questo triplo cd sarà il testimonio di una fede musicale che forse deve ancora scrivere le sue regole fondamentali, deve ancora regolamentarsi, deve ancora darsi un abito istituzionale. Nel frattempo le schegge impazzite che percorrono l’etere permettono di trovare adepti e discepoli, e senza alcuna difficoltà visto che la musica contenuta in questo box è tra le avventure più esaltanti e coinvolgenti degli ultimi anni. Musica per la testa, per la pancia e per le gambe, amalgamata e resa possibile da questi due geni che ora corrono tranquillamente per una major.
In attesa che arrivi il 2030 e si possa verificare la mia profezia – sempre che qualcuno sia così malato da ricordarsela – godiamoci questo viaggio nella musica illimitata (forse bisognerebbe definirla così), a pochi anni da noi eppure intrinsecamente già vissuta.
Come se il nostro non fosse altro che un ritorno al futuro sonico. Per raggiungerlo basta arrivare a 90 miglia orarie, o no?
(Raffaele Meale)
9 febbraio 2005