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Sono quasi le due del mattino. Polly Paulusma ha appena terminato ufficialmente al “Calamita” di Cavriago il tour di supporto al suo debutto, l’acclamato “Scissors in my pocket”. È stato un concerto difficile per Polly, rimasta quasi senza voce per i troppi concerti, ma, nonostante la fatica, è ben disponibile a raccontarci del momento di transizione che sta vivendo, senza perdere troppo tempo per guardare indietro. È tempo di un nuovo disco, è tempo di cambiamenti, e Polly Paulusma non vuole fermarsi ora. Non può: suonare è la sua vocazione, e non riesce a respingerla. Questo è il risultato della nostra breve chiacchierata.
Sei alla fine del tour. Com’è andata, e com’è stato questo anno per te?
È stato folle! È divertente, perché ormai siamo all’anniversario della pubblicazione di “Scissors in my pocket” in Inghilterra, e quindi questo è davvero un buon momento per riguardare indietro, e se avessi saputo tutto quello che avrei fatto in quest’anno penso che sarei scappata via dalla paura! È stato davvero bellissimo…aprire i concerti per Bob Dylan, fare due tour in Italia, due tour in America, aprire concerti per PJ Harvey…è stato pazzesco! Sono davvero contenta, non potevo chiedere niente di meglio per un primo album che è stato fatto con così poche prospettive…mentre stavo registrando non avevo un contratto discografico, non sapevo cosa sarebbe successo, pensavo di venderlo ai concerti…abbiamo iniziato a negoziare con la One Little Indian mentre stavamo registrando, ed è successo tutto in un momento: abbiamo finito di registrare il disco e abbiamo firmato il contratto nella stessa settimana. Da quel momento tutto ha iniziato a girare così velocemente…
Cosa farai ora, adesso che torni a casa?
Sto disperatamente cercando un produttore per il prossimo album! Tutte le canzoni sono già scritte, ne abbiamo 18 che aspettano il prossimo album, e alcune di quelle le abbiamo suonate stasera (“The woods”, “Put your suitcase down”…).
Hai già qualche idea sul produttore che vorresti?
Ho molte idee! Vedremo, però, quello che succederà…ho ben in testa lo stile che sto cercando. Sono molto spesso così: ho idee ben fisse in testa, ma allo stesso tempo cerco di essere aperta…
Alcune cronache del tuo primo tour italiano dicevano che tu stavi sperimentando il suono della chitarra elettrica. Lo stai facendo ancora?
Sì, sì, lo sto ancora facendo, ma avevamo delle limitazioni sul bagaglio che potevamo portare in aereo (Polly è di ritorno dal secondo tour americano, NdI)…ora abbiamo un membro della band che suona l’elettrica dal vivo, e io volevo portare la mia, ma non potevamo portare tutte le chitarre che ho…L’ho suonata durante il tour americano, e vi ho scritto sopra alcune nuove canzoni.
Pensi che questo stia cambiando il tuo modo di scrivere?
Probabilmente sì, ma non mi piace fermarmi ad analizzare queste cose, pensare troppo…
Ascoltavo oggi il tuo primo disco, e dalle parole di quelle canzoni tu appari molto determinata a realizzare quel disco. Senti ancora la stessa determinazione anche per il prossimo album?
Sì, assolutamente. Un paio di anni fa un mio amico manager mi ha dato un ottimo consiglio. Mi disse che, come artista, tu sei sempre quello in mezzo agli eventi, quello che deve sempre continuare ad andare avanti. Penso che sia una grossa tentazione, quando ottieni aiuto dalla casa discografica, da chi ti aiuta a trovare concerti, a prenotare i biglietti aerei…insomma, da tutte queste persone che tutto a un tratto sono nella tua vita, è molto facile per l’artista rilassarsi e lasciare che tutto accada, ma la cosa più importante è non comportarsi così. Devi sempre essere TU a condurre la corsa. Credo che questo rilassamento, l’atteggiamento da rockstar, sia un grosso problema per molti artisti. Hai presente, l’uomo del circo che tiene in equilibrio tutti quei piatti con i bastoni? Tu, come lui, devi continuare a far girare tutti questi piatti, per non farne cadere nemmeno uno…
E, sì, ora ho di nuovo questa sensazione di voler fare questo nuovo album. In fondo è come la rotazione del raccolto per un contadino: ora scrivi, ora registri, e ora fai concerti…ecco, sento che questo è il momento giusto per fare il disco.
È difficile, per te, conciliare la tua vita familiare con il lato artistico della tua esistenza?
Sì e no, perché molto spesso riesco a portare la mia famiglia con me, e sono molto fortunata a poterlo fare…inoltre non ho figli, quindi per me è semplice; il ragazzo che suona il contrabbasso nella mia band, però, ha un bambino, ed è difficile…
Quando ami così tanto fare una cosa, e vedi quanto è orribile lavorare – ho lavorato, per soldi, in diversi uffici, e non posso tornare indietro adesso…vedi, è così per molti musicisti: stai trovando la tua arte, se sei un musicista sei un musicista, è quello per cui sei nato, non hai davvero scelta.
Ho provato a non fare musica, ci ho provato davvero, ma lei continuava a tornare indietro…provi a lasciare perdere, ma non ci riesci: è una vocazione.