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“FrankBlackFrancis”, ovvero il presente (passato recente?) che si riappropria del passato storico e lo rilegge, o forse semplicemente lo rivive senza disconoscere l’originale. Ma facendone conoscere i prodromi: l’intento di svelare i retroscena del suono dei Pixies era apparso già chiaro con l’uscita, sempre su Cooking Vinyl, dei cosiddetti “Purple Tapes”, le registrazioni che spinsero Ivo Watts alla 4AD a dare spago a quel ragazzotto calvo e soprappeso che si diceva estimatore di Iggy Pop, Peter Paul & Mary e Hüsker Dü.
Ora ci è permesso assistere anche ai demo registrati in casa da Black Francis e che sarebbero diventati, di lì a qualche mese, il dittico delle meraviglie “Surfer Rosa/Come On Pilgrim”. Solo chitarra acustica e voce, con il cantante innamorato di Puerto Rico che veste i panni del Crooner devastato; pur senza la rombante elettricità e la sezione ritmica convulsa e caracollante che saranno l’essenza del suono Pixies è possibile rendersi conto del germe distruttore presente in questi pezzi. Basta prendere a paradigma l’ammaliante sconfitta incessante nascosta nelle pieghe maltrattate di “Break My Body”: la voce vola sgraziata, urlata e alla ricerca della purezza impossibile – come sottolineato dal falsetto finale -.
Sono presenti anche brani che non prenderanno parte ufficialmente all’avventura dei folletti di Boston, come “Boom Chick A Boom”, canto spezzato e onomatopeico. Si può anche comprendere definitivamente come il progetto dei Pixies fosse al 99% in mano al corpulento autore: “Broken Face”, “Isla de incanta” e “Holiday Song” sono semplicemente private della componente elettrica ma per il resto hanno già una struttura estremamente definita e soprattutto mantengono un furore, un impeto di rabbia mescolato allo sberleffo, all’ironia demenziale, al surrealismo che saranno alcuni dei punti di forza degli album in studio. Ovviamente l’uso dell’acustica permette accostamenti quasi forzati, dal quasi Talkin’ Blues tipico del Dylan degli esordi nascosto all’interno di “Nimrod’s Son” alla ritmica vagamente spagnoleggiante di “Oh My Golly”, ma la rilettura del già sentito operata da Francis è già completamente giunta a maturazione. E’ un brano come “Caribou”, tra i capolavori più luccicanti dei Pixies, risplende già in tutto il suo fulgore, litania ossessiva con invocazione elegiaca annessa e urla disilluse di contorno.
Il secondo cd è l’attuale, ovvero Frank Black che insieme ai Two Pale Boys capitanati da David Thomas torna sulle registrazioni vecchie quasi di un ventennio e gli dona nuova vita. Non c’è più solo l’acustica ovviamente, ci sono fiati e bassi opulenti, la voce è più profonda e meno squillante e la musica si è adeguata. Un tappeto sonoro ammaliante e che porta su di sé il peso degli anni e, cosa probabilmente rara, l’accettazione di questi senza clamori e senza vergogne. Mentre sui palchi del mondo i Pixies sono tornati a farsi vedere e sentire – e che vedere che è stato! E che sentire! – in studio Charles Thompson alias Black Francis alias Frank Black ci regala il suo passato più nascosto e il suo presente più nostalgico. Qualcuno se la sente forse di recriminare per questo?