Share This Article
Il viaggio nell’universo sghembo di Marco Parente comincia da “Eppur non basta”, esordio edito nel ’97 dal CPI. Nelle 15 tappe di questo cammino, appaiono già limpidi gli elementi tipici che caratterizzeranno in futuro lo stile del cantautore fiorentino: la sua voce incerta ma intensissima, le trame musicali che guardano l’eccentricità del pop e si sposano a richiami classicheggianti che riecheggiano la produzione solista di David Sylvian.
Sono canzoni da un fascino rarefatto quelle di Marco Parente, distaccate dalla scuola delle canzone d’autore ma di una classicità disarmante e di classe superiore. Lo si evince dalle trame dei singoli movimenti, dai testi – sempre personali e pregni di un forte simbolismo – che si adagiano su arrangiamenti delicati ma comunque ben presenti e caratteristici. Fondamentale sottolineare l’importanza della componente orchestrale che segna quasi tutte le tracce dell’opera, che non rifiuta però momenti di fragile intimismo e accelerazioni ritmiche.
A distanza di sette anni, “Eppur non basta” risulta un esordio ottimamente riuscito, con canzoni che si elevano dalla stagnante media della canzone d’autore (come la nervosa title-track, “Il mare si è fermato”, “Eri” ed “Oio” in duetto con Carmen Consoli) e una musica che rapisce delle sua affascinanti pieghe.