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A due anni dall’esordio “Eppur non basta”, Marco Parente ritorna con “Testa, dì cuore”, lavoro caratterizzato da un maggiore impatto rock e da una claustrofobia poetica più accentuata. In questo disco vengono presi come punti di partenza le ottime basi del precedente disco – gli arrangiamenti orchestrali e i suoni per lo più scarni – per evolvere il personale concetto di canzone pop, processo che si concluderà con il futuro “Trasparente”.
Undici canzoni per tre quarti d’ora di suggestioni e simbolismo, la poesia di Parente non cambia e non cambia il suo approccio. Ma non bisogna sezionare razionalmente un disco del genere, perché è nella natura dell’artista scartare ogni masturbazione critica, preferendo puntare tutto sulla suggestione emotiva.
E considerando canzoni come “Senza voltarsi” (con Cristina Donà), “Il fascino del perdente”, “Falso movimento” e “La guarigione”, si avverte proprio il bisogno di abbandonarsi a questo flusso emotivo, dove le parole diventano un tutt’uno con la musica ora nervosa e ora placida e quasi “silenziosa”. “Testa, dì cuore” non dev’essere quindi considerato come un lavoro di transizione, ma come una raccolta di bellissime canzoni con una musica in costante evoluzione, dove i suoi collegamenti alla musica colta (Brian Eno) si fondono con la classicità pop degli Scisma e rafforzano un universo emotivo e lirico consolidato e in continua evoluzione.