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Se si è a Londra e si sfoglia Time Out, la bibbia del cosa fare e vedere nella capitale inglese, si è immediatamente assaliti allo stesso tempo da un’eccitazione cavalcante per il numero spropositato di live act di qualità e una malinconia sordida perché questa quasi infinita possibilità di scelta non è riservata a chi vive in una tranquilla cittadina italiana. Lapalissiano, ma pur sempre vero. E se si è a Londra può capitare quindi di trovarsi, senza neanche crederci più di tanto, all’esclusiva presentazione ad invito delle nomination 2005 di Mojo che si svolge in un negozio di dischi vicino a Oxford Circus, l’HMV.
Una serata con concerti acustici di quattro nomi che contano. Apre la serata un personaggio da vera storia del rock: Roy Harper, amico di Jimmy Page e dei Pink Floyd (che gli hanno fatto cantare “Have A Cigar” in “Wish You Were Here”), con il suo folk elettrificato. Solo con la sua chitarra che suona come tre e la sua voce che alternativamente si quieta e si innalza, Roy Harper dona ai presenti tre brani di un’intensità vibrante, con una forza e una naturalezza che solo chi ha tanta esperienza in saccoccia può sfoggiare. La guitar accompagna liscia e cristallina con abbellimenti fine-sixties, con quel classico gusto di retaggio blues che solo i chitarristi rock di allora avevano. Tra una canzone e l’altra passa dallo scherzare sul fatto che suonare in un negozio di dischi è l’esperienza più tremenda che gli sia mai capitata al ricordare a tutti, in maniera serissima e – sembra – sentita, gli orrori della guerra che si sta combattendo in Iraq e le responsabilità del “loro” Blair, chiamato il giorno successivo alla prova degli elettori (che come sappiamo tutti è stata quasi una passeggiata… l’economia nella terra di Albione tira e – per assurdo – per gli inglesi votare laburisti è attualmente la massima scelta conservatrice!). Ma si sta decisamente divagando.
I successivi Elbow mostrano di essere migliorati da quando li si vide live nel novembre ‘03 di spalla ai Blur, forse perché concentrano in pochi pezzi (tra cui una “Newborn” che rapisce) la loro esibizione, forse perché la dimensione acustica ben si adatta alle trame della musica del gruppo. Rimane pur sempre la sensazione che siano i fratelli poveri dei vari Coldplay, Doves e Starsailor, ma hanno i numeri potenziali per “arricchirsi” a spalle dei parenti del loro genere se solo butteranno fuori il singolo giusto.
Salgono poi sul palco, accolti dalle maggior grida d’entusiasmo (il che è strano visto che sono di New York… ma gli inglesi non erano ultra-mega-nazionalisti?), i Magic Numbers, gruppetto formato da due fratelli e due sorelle che allieta tutti con il loro indie-pop frivolo ma non troppo, che strizza l’occhio a certe cose di Joss Stone con ricami soul e, soprattutto, punta molto sulle doppie voci enfatizzando l’estrazione folk. Una proposta fresca fresca, anche se – purtroppo – oltremisura sbarazzina. Il nome Magic Numbers risuonerà in ogni caso sempre di più, ne siamo sicuri, anche perché il gruppo americano ha avuto ultimamente grande pubblicità gratuita avendo partecipato al brano “Close Your Eyes” nell’ultimo “Push The Button” dei Chemical Brothers.
In ultimo arriva on stage la maturità degli invece non più giovanissimi Teenage Fanclub, che si fa apprezzare grandemente, come per Roy Harper, finendo per surclassare la frizzantezza acerba dei Magic Numbers. Il set è dedicato soprattutto a brani dell’ultimo “Man-made”, eseguiti con eleganza, scioltezza e un pizzico di gusto lisergico.
Per chi interessasse, queste sono infine le nomination che Mojo ha annunciato tra un artista e l’altro:
Per la sezione “songwriter”:
1. Paul Weller
2. Brian Wilson
3. Damien Rice
4. Van Morrison
5. Kate Bush.
Sezione “inspiration”:
1. Pixies
2. Gang Of Four
3. Tom Waits
4. Morrissey
5. Neil Young.
Sezione “best new act”:
1. Antony And The Johnsons
2. Ray LaMontagne
3. Rufus Wainwright
4. Arcade Fire
5. Willy Mason
6. Magic Numbers.
Sezione “icon”:
1. David Bowie
2. John Lydon
3. Siouxsie Sioux
4. Marc Bolan
5. Ramones.