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Più il 2005 scava il suo tunnel mese dopo mese più sembra possibile leggere questa annata come una rincorsa continua alla ricerca di una nuova struttura pop: così come l’anno scorso fu la volta dell’esplosione del fenomeno del neo-folk su scala mondiale, così nei primi quattro mesi di quest’anno abbiamo assistito all’uscita di lavori eccellenti e perfettamente pop come quelli di Patrick Wolf, Russian Futurists, Skygreen Leopards. Per non parlare degli esordienti Kaiser Chiefs e, per l’appunto, dei Bloc Party.
Così come i colleghi di Leeds anche loro sponsorizzati direttamente dai Franz Ferdinand che furono il fenomeno pop – forse eccessivamente pompato – del 2004, rispetto alla band di “Employment” i Bloc Party (londinesi) presentano direttrici sonore più angolari, meno smussate, più scorbutiche e pronte a implodere ed esplodere. La New Wave si fa un modello da rincorrere e ricercare in profondità, tra schitarrate selvagge, bassi sinuosi e pronti a essere pestati all’occorrenza, stop & go di batteria (come nella stupefacente “Helicopter”, che aveva anticipato l’uscita dell’album stampata come singolo e che raffigura alla perfezione l’indole musicale della band) improvvisi inserti di synth – nell’ansiogena “Luno” che non avrebbe sfigurato nel catalogo dei Buzzcocks, con la batteria letteralmente stravolta e il synth che crea atmosfere cupe e vagamente cosmiche mentre la chitarra disegna fraseggi minimi e il basso segue sfrenato le convulsioni della batteria -.
La varietà stilistica della band è anche uno dei suoi principali punti di forza, laddove la creatività deve di quando in quando – molto raramente per fortuna – pagare il dazio di una gioventù ostentata comunque con la dovuta spavalderia, a rimarcare l’attitudine quasi punk di Kele Okereke e soci. La voce del leader si muove dunque su una linea sottile spostandosi da languori che rimandano a Robert Smith al salmodiare di Morrissey fino ad attestarsi comunque su timbriche riconoscibili e personali (pregio che era difficile riscontrare ad esempio nei Rapture, tra i primi gruppi a lanciarsi alla fagocitazione dell’universo New Wave). Molti i brani che meriterebbero di essere citati: oltre a “Helicopter” e “Luno” sono da annotare con cura quantomeno “Like Eating Glass”, la crudele “She’s Hearing Voices”, una “Positive Tension” isterica il necessario e la conclusione affidata alle tastiere ambientali di “Compliments”, coperta calda e definitiva che va a coprire un esordio (l’ennesimo per questo 2005) sorprendente.
Questa moda di nuova appropriazione della New Wave ha oramai dettato le sue regole ferree: in attesa che qualcuno si decida a sovvertirle e che il resto della ciurma resti indietro divenendo di fatto indigesta i Bloc Party si sono ritagliati uno spazio tutt’altro che esiguo. Ora resta la scommessa più difficile, confermarsi senza rischiare scivoloni mortali: le carte in regola per riuscirci questi ragazzi londinesi ce l’hanno. Staremo a vedere.