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Acronimo dal significato che si perde nelle menti di coloro che (inutilmente) si cimentano nella risoluzione dell’enigma, N.A.M.B. nasconde tra le sue lettere un’immagine sonora nitida e stimolante, tutt’altro che trascurabile. In realtà, i torinesi Davide Tomat (voce, chitarra e programmazione), Canna (chitarra), Branco (basso, stick e pianoforte) ed Andrea Ghio (batteria), quest’immagine la costruiscono tassello dopo tassello dal lontano 1992, filtrandola attraverso numerosi progetti e collaborazioni: dai primordiali loop analogici dei Superbudda, sino alla corposità dello spirito rock dei Modarte. Tinte, queste, contrastanti ed energiche, che vanno a confluire in quest’opera omonima di debutto discografico, amalgamate dal mixaggio di mastro Madaski, da sempre all’insegna di sonorità marcate e di uno sguardo senza divieti alla sperimentazione.
Così, “Snake Love”, ouverture del disco, già racchiude tutti i caratteri dell’opera e della band creatrice, trascinata dalla voce morbida del frontman, avvolta e combattuta tra le distorsioni, per arrivare al rock di più classica matrice negli arpeggi di chitarra ed inserti di pianoforte di “Un istante un limite”. Ma attira l’attenzione anche l’ibrida “Fermo”, traccia melodica che, lentamente, si tramuta in elettro-pop freddo e meccanico, venatura che permea ogni canzone e che qui esce allo scoperto senza ombra alcuna. Atmosfere, insomma, ruvide e torbide che subito accendono una scintilla verso le creazioni dell’eclettico Trent Reznor, ma temperate da calore e melodicità della new wave più conosciuta, in un raffronto inevitabile (e, forse, troppo scontato) con i Depeche Mode. Il tutto condito da un’attenzione estrema alla resa sonora: basti pensare al fruscio dei solchi dal retrogusto di vinile ed alle interferenze di una “Perfect Day”, oppure all’industrial che esplode in “Chrysalis”: pezzo elaborato tra intrecci di linee elettroniche e sperimentazione, accordi che si avvolgono e dipanano in contrasti sonori vividi e continui.
I N.A.M.B., in sintesi, riescono a scrivere un’equilibrata combinazione d’elettrico ed elettronico, poggiando su questo tessuto la scelta di versi in italiano, a combinare ispirazione internazionale ed armonia nostrana. E, ancora, manifesto di una voglia continua di metamorfosi è sicuramente la cover di un classico del grunge, “Black Hole Sun”, trascinante e vissuta sino all’ultimo, elettronico, respiro. Rivisitata, congelata e di nuovo trasformata, secondo uno spirito autentico. E siglato dalle quattro lettere in questione.