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La mia memoria si ricordava di Owen come di un cantautore americano artefice di un disco bello ma noiosetto come “No Good For No One Now”. Non mi sbagliavo. Mike Kinsella (uomo che si cela dietro al monicker) è effettivamente un cantautore ed è americano. Anzi, americanissimo. Sì perché certe atmosfere di confine tra prateria e provincia, che odorano del verde dei boschi e delle miglia a perdita d’occhio non possono provenire che dal grande paese a stelle e strisce. Sono costanti che ritroviamo in un monte di esponenti del genere, ma parlando nello specifico, possiamo indicare nomi come Mark Eitzel e Mark Kozelek.
Ma c’è un altro Mark cui il Nostro può essere accomunato per sensibilità e comunione d’intenti: Linkous. Infatti, nessuno come Sparklehorse condivide con Kinsella quest’amore per il minimalismo sonoro – forse Callahan, ma si parla di anni fa – e le deflagrazioni che mai esagerano nell’autocommiserazione. Quello che è straordinario nella canzone d’autore made in USA è come tutti questi artisti, nonostante condividano un monte di similitudini, riescano ad avere una cifra stilistica riconoscibile. Ultimo Owen, che con l’ultimo “I Do Perceive” smussa gli angoli e trova una sua propria personalità laddove i precedenti lavori dimostravano un didascalismo a volte grottesco che faceva crollare le ben numerose ottime intuizioni.
Ed è così che questa raccolta di canzoni (tra le quali si distinguono le emozionanti “Bed Abuse” e “Lights Out”, con i loro crescendo elettrici e le loro rarefazioni oniriche) mostra un Kinsella in stato di grazia, che non ha paura di essere accostato ai maggiori esponenti della corrente generazione di autori americani. I brani più snelli ed assimilabili, la sua poetica più immediata ma non per questo più banale. Non ci sono dubbi su questo: “I Do Perceive” è il miglior disco di Owen e ascoltandolo, si ha la sicurezza che chi lo avvicinerà con la dovuta onestà non ne rimarrà deluso.