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A un anno da “The troubled sleep of Piano Magic”, ecco l’ottavo album dei Piano Magic. Si tratta di un lavoro multiforme, un collage di generi musicali diversi. Tutto ciò non è altro che il frutto di un periodo di grande ispirazione per il leader Glen Johnson, che ha concepito dieci brani di assoluta creatività. Si assiste pertanto ad una visione di una realtà variopinta in cui ogni singolo elemento appare inaspettato. “You can hear the room” apre i battenti, con un ritmo ossessivo e torpido, in cui i tappeti sonori, realizzati dalle tastiere, danno vita ad un’atmosfera solitaria e mesta. In “Love and music” e “Night of the hunter”, invece, si avverte un maggior vigore, all’insegna di uno stile pop dark alla Cure, con le chitarre arpeggiate ed i sintetizzatori che si amalgamano perfettamente.
Più inquietante e quasi spettrale, appare “Theory of ghosts”, con una base armonica monocorde, e con la voce tormentata e roca di Johnson. “Deleted scenes” riporta addirittura all’elettro-pop dei Depeche Mode e dei New Order, con un connubio di sintetizzatori e drum machine . Non mancano, infine, ballad acustiche come “I must leave London” e “You can never get lost”. Tuttavia, mentre nella prima si denota l’influenza degli Smiths e di Morrissey, con una profonda serenità timbrica garantita dall’apporto degli archi, nella seconda, che chiude la scaletta, si avverte un penetrante spleen, accentuato dalla voce tormentata di Johnson. Quest’ultimo non è comunque l’unico singer: la soave Angele David-Guillou, infatti, canta nella title track, pop song che si erge su un ritmo hip hop.
Anche se non si tratta di un sound originale, “Disaffected” è comunque un’opera di indiscutibile creatività, che riprende, in maniera più o meno nostalgica, il pop elettronico e il dark decadente degli anni Ottanta.