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“Come vi trovate con la Warner, vi danno abbastanza libertà?”. Non è stato facile trattenersi dal fare questa domanda a Francesco Bianconi, timido frontman dei Baustelle che pubblicano in questi giorni un terzo disco (“La Malavita”) disperato e bellissimo. “Dieci ritratti di ‘male di vivere’” dove non si sono persi leggerezza e romanticismo. Indipendenti coerenti che ce l’hanno fatta. Almeno loro.
Come sono nate le canzoni del nuovo album?
Come nascono di solito, nel caso dei Baustelle: scriviamo tanto, poi scegliamo le canzoni che ci sembrano più adatte da lavorare per il disco. Per questo disco avevamo scritto una trentina di pezzi…
Come è stato lavorare con un produttore esperto come Carlo U. Rossi, già al lavoro con Caparezza, Meg, Bandabardò…
E’ stato molto bello. Un’esperienza che ci ha aiutato a crescere, come musicisti e come uomini. Carlo è una persona molto diretta e un grandissimo fonico. Era quello che volevamo: entrare in studio con le idee di arrangiamento molto definite e darle in mano a una persona che le facesse suonare al meglio. Volevamo un disco “hi-fi”.
Siete una band indipendente italiana che ce l’ha fatta a conquistare notorietà e adesso anche un contratto con una major, la Warner. Secondo voi perchè questo accade così raramente?
Mah, non lo so, bisognerebbe chiederlo alle major…
Le storie del nuovo album sono molto dure. Non c’è la malizia dei lavori precedenti ma non si sono persi leggerezza e romanticismo. La “mala vita” dei Baustelle è letteraria o autobiografica?
Sì, le storie sono molto dure. C’è poca speranza in questo disco. Abbastanza casualmente, “La Malavita” ha finito per raccogliere dieci ritratti di vario ‘male di vivere’. Ci sono più personaggi, più ‘terze persone’, rispetto agli altri dischi, ma credo che non riuscirei a scrivere cose totalmente estranee alla mia vita. L’autobiografia c’è sempre, anche se a volte si maschera.
Siete stati capaci di costruire un suono ed una poetica molto personali raccogliendo influenze diverse. In un’ipotetica statale che collega Serge Gainsbourg e i Television, i Baustelle a che chilometro si trovano?
In generale, credo che ci troviamo più vicini a Gainsbourg. Abbiamo in comune con lui un’attitudine che mette ‘la canzone’ al di sopra di tutto. Magari nel prossimo disco saremo a pochi chilometri dai Television, è questo il bello dei Baustelle…
Sei di Montepulciano ma vivi a Milano da anni. Come è il tuo rapporto con la metropoli? Milano è stata importante nella composizione dei nuovi brani?
E’ un rapporto di amore-odio, come dico in “Un Romantico a Milano”. La città mi ha aiutato parecchio nella stesura dei testi delle canzoni di questo disco. E’ una città in cui puoi nasconderti molto facilmente, nessuno ti rompe le scatole. Per uno che deve osservare e raccontare, una città ‘fredda’ è un vantaggio. Il Corvo Joe, ad esempio, esiste davvero, nei giardini di Via Palestro.
Come sarà il suono dei Baustelle dal vivo senza Fabrizio Massara?
Abbiamo un nuovo tastierista che ci aiuta per il live, ed io suonerò in molti pezzi la chitarra elettrica. Abbiamo semplificato un po’, per cercare di ottenere un suono più potente…