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Se un singolo si merita la recensione su Kalporz deve essere un Signor Singolo. Non siamo infatti avvezzi a dare spazio ad un formato che ormai ha senso solo per i “retri” che ricercano i feticisti di un artista. Però se si tratta del primo vagito di un gruppo esordiente, l’etichetta (la Domino) è quella che ha scovato uno dei pochi fenomeni del momento, i Ferdinandi (anche i Kills, però, acc…), e si capisce che si ha di fronte una band che – potremmo un po’ scommetterlo – farà parlare di sé, allora fiato alle trombe.
Gli Arctic Monkeys, a dir la verità, non sono stati “lanciati” dalla Domino ma dalla rivista musicale britannica NME, che ha definito Alex Turner, il loro diciannovenne cantante, “l’artista più cool del pianeta”. Un bel lancio pubblicitario per un gruppo sconosciuto di cui giravano solo gli mp3 su internet! Gli Arctic però alla prova del nove non deludono: si presentano al mondo ufficiale discografico con la gran faccia tosta di sfornare un pezzo muovigambe come non se ne sentivano da un tot, non a caso intitolato “I Bet You Look Good On The Dancefloor”. Molto istinto punkeggiante, frizzante, si saltella con quei tempi alla Jet nella strofa o alla Muse nel ritornello e ti assale una irrefrenabile voglia di pogare un po’. Complessivamente il riferimento più vicino? Gli Strokes. Sfrontatezza, irrequietezza, incoscienza: tutte caratteristiche degli Arctic Monkeys che, in verità, nella successiva “Bigger Boys And Stolen Sweethearts” manifestano un po’ troppo attaccamento per il sound ferdinando, senza peraltro quelle indisponenti bollicine preconfezionate (vi ricordate quelle bustine che andavano negli Anni Ottanta e che facevano diventare l’acqua un po’ Ferrarelle e un po’ salata?) che hanno qua e là i Franz Ferdinand. Gli Arctic Monkeys sono quella bella acqua gassata al punto giusto, una “Bertier” secondo i canoni di Fantozzi, che per ora non riempie di gas perché ne abbiamo scolate solo tre bottiglie… ehm, canzoni. L’ultima bevuta è infatti con la strumentale “Chun Li’s Spinning Bird Kick”, che si svaga a giocare con i telefilm fine Anni Settanta e sembra da un momento all’altro che ci si debba ritrovare sulle strade di S. Francisco. Divertente.
Come si dice in questi casi? “Li attendiamo fiduciosi sulla lunga distanza”. E poi li si aspetta anche in concerto. Segnatevi il nome di questi Arctic Monkeys, mi raccomando.
(Paolo Bardelli)
15 dicembre 2005