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Buon Anno. Buon 2006. Ma che anno può essere senza i Blunoa? E chi sono i Blunoa? Domande entrambe legittime, la seconda molto più gettonata. I Blunoa sono, anzi erano, un gruppo indipendente italiano che come tanti si sbatteva per emergere ma che come nessuno aveva i numeri per farlo. E per chi scrive lo scioglimento del gruppo di Parma è una pura mazzata per il futuro rock italiano. Ecco allora che ci si trova qui a scrivere un commiato straziante per questo album che esce praticamente postumo, a cui i Blunoa hanno lavorato tanto nonostante alla fine il risultato sia molto grezzo e sporco, faccia dell’altra medaglia del suono pulito e vario de “L’Importanza Di Essere Imperfetti”, e che – ultimo, triste regalo – può essere scaricato gratuitamente dal loro sito www.blunoa.it.
Forza, pedalare e andare! Chitarre aperte come i Primus, basso onnipresente come il migliore Flea, e i testi del “Maresciallo” Michele Zilioli (anche cantante dei sopravvissuti Réflue) che lanciano squarci lirici degni del Ferretti più ispirato: “Non odio più / ma giuro che ho fatto del mio meglio / per crescere al contrario”. Rovesciare le regole dall’interno, partendo dalla forma canzone rock italiana (“Le Regole Del Gioco”) modificata geneticamente dal crossover (“Le Unità Divise”) e contaminata con la sincerità quasi popolare-emiliana (“La Rivincita Del Signor Nessuno”, “Trasversale”). Nessuna pippa indie, i Blunoa suonano e sanno suonare, o almeno cercano il bello e la carica, un’accoppiata troppo spesso dimenticata a favore del suonare sghembo Che-Poi-Alla-Fine-E’-Che-Non-Sei-Capace-Di-Suonare-Davvero. Intendiamoci, non c’è nei Blunoa alcuna esibizione di tecnica, ma una dimostrazione di come un gruppo può funzionare come un meccanismo oliato a dovere con l’unica stella polare del voler essere una macchina spaccasassi. O, meglio, una “corazzata”, usando un paragone usato amichevolmente dai loro fans.
Ascoltare “Io Non So Niente” (con una frase mitica: “E’ stupido scoprire che poi per vivere basta solo quello / un buco nel culo e uno nel cervello”) mette addosso un misto di dolce placidità (quegli “yuppi” quelli sì davvero giocosi e indie) e di insolente cattiveria (quell’apertura quasi hendrixiana del dopo ritornello). I Blunoa sono questi: arrivano su tanti livelli. E tra tutti questi livelli ce ne sono un paio che ti si piantano in gola come un groppo, e capisci che i Blunoa sanno davvero parlare all’anima: il cinismo urlato e disilluso di “Crescere Al Contrario” (“Malgrado tutto ti amerò / perché sei meglio di niente”) e l’apparente solarità melanconica di “Solaris”, il vero, sentito saluto dei Blunoa: “E’ stato immenso comunicare / ora vi lascio e vado a cercare”. Buona ricerca, “splendidi incompresi”. E se ci lasciate con “il bacio e la lacrima di chi non dimentica e crede in un estate infinita”, allora anche noi abbiamo qualcosa in cui credere: che, prima o poi, si rinascerà “come il sole” e la si vivrà, quell’estate infinita.