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Peccato che quest’ascolto arrivi a top ten kalporziana di fine anno già redatta: non avrebbe trovato probabilmente posto tra i primi dieci nomi, ma si sarebbe accomodato senza dubbio nella folta panchina del sottoscritto. Lo scarto che mi impedisce di parlarne in termini propriamente entusiastici è tutto nella matrice musicale della band di Detroit: la rincorsa alla new wave è realmente inflazionata e, soprattutto memore del passato di Ryan Allen e soci, questo è un punto su cui non si può assolutamente soprassedere.
E sì, perché i torridi e divertenti Thunderbirds Are Now! del 2005 sono gli stessi che nel 2002 diedero alle stampe “Doctor, Lawyer, Indian Chief”: lì, nei giorni in cui il post-rock aveva oramai sbancato ovunque, i quattro si dannavano a formulare cerchi musicali concentrici che potessero spezzarsi all’occorrenza per assomigliare alle band leader del genere. E quindi sembra logico nutrire dei dubbi sull’onestà intellettuale di questo “Justamustache”, che pure appare notevolmente superiore all’esordio: con un materiale wave a disposizione infatti i ragazzi sembrano muoversi molto più agilmente, laddove con il post-rock faticavano e non poco a trovare posture che evitassero il ridicolo. Insomma il cambio di rotta, per quanto probabilmente pensato a tavolino per raggiungere un obbiettivo commerciale, ha giovato alla band, che trascina il suo uditorio in mezz’ora e poco più veramente martellante.
Sempre senza allontanarsi da una base melodica pop Allen & Allen, Smith e Durgan spaziano tra reminiscenze punk di vario stile e tipo, in una girandola di suoni sempre pronta all’accelerazione (quella perfetta è racchiusa nel finale di “Eat This City”, ma l’album ne è comunque disseminato). Le tastiere, spesso relegate in secondo piano dallo sferragliare di chitarra e basso trovano la loro personale vendetta nella splendida “Bodies Adjust”, dove tutto sembra muoversi a pochi passi dalla dance più trascinante – e così, in effetti -. Ma l’album è talmente compatto da non giustificare una selezione dei brani da innalzare a futura memoria, anche se farebbe piacere potersi soffermare sull’incipit “Better Safe Than Safari”, sia per il testo estremamente divertente che per la voglia inarrestabile di ballare che le fa seguito.
I Thunderbirds Are Now! versione “ripeschiamo la New Wave” sono promossi, ma aspetto il terzo album per eliminare del tutto i sospetti di furberia che li accompagnano.