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Dunque quella meraviglia intitolata “Dear Catasrophe Waitress” era soltanto il primo segnale che la musica di Belle and Sebastian era arrivata ad una svolta. Tre anni dopo “The Life Pursuit” chiarisce tutto. Stuart Murdoch e soci hanno cambiato rotta, lasciandosi alle spalle Nick Drake, le chitarre acustiche e le tracce più intime. Al loro posto ricordi di soul Motown e degli ultimi Jam, melodie che guardano agli anni sessanta di Beatles e Love, cori e voci che si inseguono, un gusto per la scrittura che rimanda al miglior Elvis Costello.
Insomma, gli scozzesi spingono fino in fondo le novità che affioravano da “Dear Catasrophe Waitress”, senza nessuna concessione alle tracce acustiche. Per capirci non c’è la delicatezza di “Lord Anthony”, piuttosto il saltellare vivace del primo singolo “Funny Little Frog” o le tastiere di “The Blue Are Still Blue”. C’è più gioia, più spensieratezza nella loro musica. Anche se scavando si scoprono cose che restano intatte. La leggerezza e la sensibilità con cui raccontano le loro storie, ad esempio, che poi non sono cambiate granché. Si inizia con una ragazza alle prese con i propri dubbi e le preghiere mattutine in “Act of the Apostle”, una melodie che guarda ai Love di “Forever Changes”. Si prosegue dopo poco con un’altra ragazza che se ne va di casa in “Sukie in the Graveyard”, con l’incidere soul arricchito da tastiere e fiati.
E poi i ricordi di giornate passati uno accanto all’altro, “Another Sunny Day”, con quell’aria pop leggera che hanno soltanto i loro brani, il ritmo incalzante di “For the Price of a Cup of Tea”, l’ondeggiare quasi funky di “Song For Sunshine”. Certo, ascoltando le registrazioni dal vivo di “If You Are Feeling Sinister” uscite lo scorso anno si avverte che la distanza è grande. Eppure la sensibilità di Stuart Murdoch è ancora la stessa e “The Life Pursuit” è un altro disco eccellente di Belle and Sebastian.