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Cinque anni sono un intervallo forse troppo lungo per imprimere un solco incomparabile nella storia della musica. Ma per lasciare un segno – anche minimo, ma significativo – sono dettagli tutto sommato inutili. Di Howie Beck infatti, si erano perse le tracce in quel 2001 in cui approdò in Europa con “Hollow”. Torna ora con un album di canzoni d’autore che non hanno nulla da invidiare alla lezione del suo più grande maestro, quell’Elliott Smith che due anni fa perse una mano di roulette russa con la sua vita lasciandoci orfani di un talento spaventosamente commovente. Howie non si vergogna di rendergli omaggio in brani in cui l’intimità si fa più e più lacerante (“The Books Beside Her Bed”, “How Do You Feel”, “Please”, “I Need Light”, canzoni dove usa la doppia voce registrata, espediente tipico di Elliott), non disdegnando altresì un disegno tipico di certo pop, arrivando a risultati sublimi come nel caso di “Sometimes”.
Se tutto il disco sta su standard qualitativamente altissimi, è quel pezzo che grida al capolavoro. La tensione emotiva creata nella strofa, che sfocia in un ritornello aperto e della melodia di cui non innamorarsi è reato, mentre tutt’attorno il crescendo strumentale include organi e campanelli, disegna un’aurea di sublime. Un pezzo pop perfetto estratto, giustamente, come singolo. Una di quelle canzoni che ti restano in testa al primo ascolto, alla maniera dell’ultimo Josh Rouse o anche del sempre presente Elliott Smith. Intimo, personale, passionale; questo lavoro omonimo non solo conferma il talento di Howie Beck, ma ce lo mostra in tutta la sua eleganza e in tutto il suo carisma. In un’epoca di cantautori tutti uguali, uno che sa quello che vuole. A volte basta quello. Quando poi ci sono dei pezzi formidabili, i dardi del suo arco diventano infallibili. E almeno un cuore l’hanno colpito.