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E così anche il terzetto dei Rosolina Mar arriva al secondo album (il terzo se si considera l’autoprodotto “Hanno ucciso Storius a Rosolina Mare”), evitando con una forza indiscustibile le secche della prevedibilità: laddove l’esordio omonimo giocava su pochi brani intessuti alla perfezione, attraversato da geometrie post-rock che si dipanavano puntando alla quadratura del cerchio, questo “Before and After Dinner” è tutto un pulsare di post-punk e hardcore. Smessi i panni dei cesellatori sonori, i Rosolina Mar si gettano su un materiale esplosivo, dove l’umoralità gioca le sue carte e i brani si fanno più concisi, racchiudendo in scrigni di pochi minuti le perle da gettare ai porci/ascoltatori.
Non viene comunque meno la struttura della line-up, anche se il basso lascia il posto a una seconda chitarra affidando di fatto l’onere della base ritmica alla batteria e rendendo più abrasivo il suono del combo; è il suono di scuola SST a farla da padrone, con Darrel D. Boone e Henry Rollins come maestri indiscussi. Eppure gli strumenti, lanciati in corse ossessive e frastornanti, non rinunciano a perdersi in pause catartiche (lo splendido rallentamento che caratterizza il fulcro di “L’Ora di Religione”, per esempio, con un’armonica spettrale a far capolino) e le derivazioni musicali del combo spaziano volentieri anche negli anni ’70, tra svolazzi vagamente psichedelici e spezie al profumo inconfondibile di kraut-rock. Ma a tratti la sarabanda di suoni rischia sul serio di creare un corto circuito critico, con ectoplasmi di country, rock classico, acidità settantine (lo splendido crescendo di “Flesh Dance”, capace seriamente di togliere il fiato), fraseggi avant, scartavetrate immersioni indie, addirittura ipotesi vagamente pop.
Insomma, un pout pourri di materiale sonoro che rende “Before and After Dinner” estremamente vario, per quanto il terzetto dimostri di avere in mano le redini dell’operazione con sufficiente maturità. E quando, sulle note conturbanti di “Tutto Papetti”, viene naturale muovere il bacino in modo sistematico e sbilenco, si capisce che siamo davanti a un album da tenersi stretti, e viene immediato il desiderio di ringraziare la Wallace di Mirko Spino (e i coproduttori della Robotradio): ma questa non è una novità. Poi vai a leggere i credits dell’album e scopri che i suoni li ha curati Fabio Magistrali e allora scuoti la testa sconsolato: questa è ancor meno una novità. Un bravo ai Rosolina Mar (Enrico Zambon, Andrea Belfi e Bruno Vanessi) da Verona e al loro hardcore strumentale e una piccola annotazione: più passano gli anni e più la Wallace Records sembra allontanarsi dal post-rock che ne aveva segnato in maniera indiscutibile gli esordi (vedere gli Hell Demonio, ma anche l’ultimo EP dei Bron Y Aur). Un caso?
Ai posteri ecc.ecc.