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Se non sapessimo che dietro al nome Pillow si nasconde Luca Di Mira, il tastierista dei Giardini Di Mirò, già dalle prime note di questo “Flowing seasons” la mente correrebbe ai momenti più tenui di “Punk…not diet”: la stessa dolcezza venata di malinconia, le stesse morbide volute di chitarra, la stessa voglia di disegnare tappeti digitali frantumati e impalpabili.
Ma “Flowing seasons” è molto di più di quello che ci si aspetterebbe: è un disco personale, intimo, ammantato di una grazia del tutto particolare. Le armonie sono costruite talmente bene da far pensare all’opera di un diplomato in conservatorio, piuttosto che a un tastierista impegnato a ritagliarsi il suo spazio tra le deflagrazioni post-rock della band madre: così “Mixologists and waifs” sembra quasi un madrigale tempestato da sottilissimi click, mentre la voce di Finn richiama i Sigur Ròs più impalpabili, e sono splendide le ellissi disegnate dal violino e dalla chitarra in “Tree shadow”, mentre sullo sfondo si stagliano beat taglienti e glaciali, come quelli disegnati da Mark Bell degli LFO per “Homogenic” di Björk.
Non c’è solo classicità, però; i contatti con architetti di trasparenze digitali come Populous o Nitrada hanno portato a “Flowing seasons” un sentore di malinconia aliena, un gusto per il beat che si bilancia perfettamente alla melodia: la chitarra avvicina le screziature elettroniche di “Indecision” a certe cose degli Zero7 (ed è splendida la voce di Jaqueline Tune), mentre in “Thick skin” il canto sembra emergere dal nulla, dopo che per due minuti l’harmonium cerca invano di farsi strada tra i bleeps.
La chiave di “Flowing seasons” sta tutta nell’essere un disco totalmente attuale, senza essere ossessionato dalla modernità: a chi importa creare una bella melodia, se poi svanisce subito? E invece qui ogni dettaglio è curato, meditato e necessario: basta ascoltare il pianoforte di “With the passing of the seasons”, il modo in cui si intreccia al clarinetto, ad una batteria reale e allo splendido arrangiamento d’archi, per capire che Pillow non è il solito autocelebrativo progetto da cameretta.