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Se credete che si possa essere originali unendo un’attitudine commercial-punk alla Blink 182 ad un pianoforte, strumento inusuale in tale contesto, beh, allora questo quintetto del New Jersey potrebbe interessarvi. Altrimenti, alla larga. Siamo troppo tranchant e lo sappiamo, ma non ci convince questo abbinamento che nei Socratic non riesce ad essere coerente e coeso come il pianoforte utilizzato dai N.E.R.D. Semplicemente lo troviamo un piccolo escamotage per attirare l’attenzione senza cambiare i termini del discorso musicale, senza spostare di una virgola il linguaggio armonico e interpretativo. Ci spieghiamo meglio. L’uso di un tale strumento elegante e classico dovrebbe influire sulle evoluzioni musicali, sugli andamenti, sugli stacchi, cambiare dall’interno le scelte sonore. Invece ci si ritrova ad ascoltare il medesimo linguaggio pop-punk da foruncoli (lo dicono loro in “Alexandria As Our Lens”, citiamo direttamente: “This acne on my face keeps me modest”) che ormai ci siamo abituati a sentire – alla facciazza dell’etimologia della parola “punk” – anche su MTV.
In sé non è un male, chi scrive ritiene la fruibilità intesa come capacità di comunicazione una virtù, ma canzoni come “She’s The Type Of Girl” o la title-track “Lunch For The Sky” non comunicano nulla se non un patinato giovanilismo da telefilm americano alla “O.C.” (dieci anni fa si sarebbe detto “alla ‘Beverly Hills’”!). Quando invece i Socratic citano i classici, non Omero ma i Clash, cioè si inglesizzano come in “I Am The Doctor” sono ascoltabili, se rimangono a rimasticare il loro slang americano sono inutili.
Non so perché, ma dopo aver ascoltato massicciamente “Lunch For The Sky” mi è venuta voglia di guardarmi “Elephant” di Gus Van Sant. Anzi, lo so il perché: è la faccia malata e nascosta degli States che non si trova nei Socratic, riequilibra la melassa e ne rende possibile un altro ascolto. Peccato però che non possiedo il dvd di “Elephant”. Fa lo stesso, vorrà dire che non riascolterò più i Socratic.