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Eccolo qui, il disco ideale da ballare dolcemente abbracciati a qualcuno, nella propria stanza, poco prima di fare l’amore: elegante, carezzevole, con quell’indolenza irresistibile di certe melodie che si incollano alla mente e non se ne vanno più, “Decibel for dummies” è una lezione di stile in chiave pop.
Non so cosa sia successo agli Studiodavoli dai giorni di “Megalopolis”, ma i passi in avanti compiuti sono davvero enormi: la lounge frizzante e danzereccia di molti brani del debutto è praticamente scomparsa (ne troviamo tracce solo nella dolce aggressività di “City dweller”, scossa da uno splendido synth), così come la palese influenza degli Stereolab diventa meno opprimente e si unisce a mille altre suggestioni.
Una lezione di stile in chiave pop, si diceva; e il pop qui sa prendere le sfaccettature più diverse: la melodia essenziale sporcata dai synth analogici in “All the things”, la ritmica kraut dispersa tra folate di archi anni ’60 e carillon ascendenti in “Stay on”, l’incontro tra i melodrammi Blonde Redhead e le partiture di Nicola Piovani su un tappeto crepitante di glitch in “I prefer”, l’elettricità scomposta di “Optical love”, la danza seduttiva delle voci sulle orme di Gino Paoli e Ornella Vanoni in “Senza fine”, l’atmosfera morbidamente psichedelica che accompagna tutte le canzoni…
“Decibel for dummies” rinuncia a mettere al centro le chitarre, e le canzoni ne guadagnano; il pianoforte prende i suoi spazi e si scioglie perfettamente nella voce aristocratica di Matilde, come accade nell’incantevole “Kiss”: una bossa swingante, pigramente maliziosa, la voce aspirata come il fumo di una sigaretta invisibile che seduce con calore e distacco.
L’unico difetto del disco è che tutta l’eleganza di queste atmosfere morbide e trattenute finiscono per uniformare troppo le canzoni, soprattutto nel finale; ma qualche minuto di troppo non è sufficiente per guastare “Decibel for dummies”, bello come un quadro dai colori vivaci e disposti con sapienza. Un quadro pop art, chiaramente…