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Usciti quasi indenni da quella inondazione di gruppi di “nuovo vecchio rock” che nel revival dei vecchi canoni trovava la ragione di vita, oggi stiamo semplicemente raccogliendo i cocci. Fra gli esordi più promettenti ricordo ancora quel “Fever To Tell” che nell’impatto di ritmiche incalzanti, chitarre mai scontate e, soprattutto, una voce grintosa al punto da sprizzare sessualità da ogni dove, convinse in lungo e in largo senza troppe difficoltà.
Ma un debutto importante equivale ad aspettative importanti, soprattutto quando vieni lanciato troppo facilmente fra i grandi. Così di fronte al terzetto newyorkese non c’è altro che il campo minato sul quale fallirono già in molti. Ripetersi cercando di andare sul sicuro (tattica paracula alla Strokes) o rinnovarsi rischiando di rimanere con le terga sul pavimento? Gli Yeah Yeah Yeahs decidono per le mezze misure.
Con ancora nelle orecchie il singolone “Maps”, è proprio da lì che il discorso ricomincia. I tempi si dilatano di poco, ma abbastanza perché, abituati a delle vere e proprie bordate sonore, spesso si provi la sensazione della quiete dopo la tempesta. I pezzi più incalzanti (“Honeybear” e il blues’n’roll “Mysteries”) riportano ai tempi in cui due minuti erano sufficienti per smuovere l’ambiente, ma forse non è più questo lo scopo da raggiungere. Infatti il disco è meno immediato delle aspettative, più organizzato e pensato (sempre notevole la batteria di Brian Chase), anche se pur non concedendosi a brame commerciali tutto sa di troppo convenzionale.
Là dove in passato la voce di Karen O. faceva la differenza all’interno di un contesto puramente rock’n’roll, ora non riesce a salvare certi episodi dal semplice piattume (“The Sweets”); brani che vorrebbero essere maggiormente meditati (“Warrior”), se da un lato non possono che denotare l’impegno della band nella volontà di rigenerarsi (“Fancy” e “Cheated Hearts”, gli episodi più convincenti su questa strada, a differenza di “Gold Lion”, singolo soffio come pochi), dall’altra non li salvano dal definire “Show Your Bones” come un tentativo riuscito solo a metà di una band che in potenza sembrava più promettente.