Share This Article
Ascoltando “Ringleader of the Tormentors” viene da pensare che questa seconda parte della carriera di Morrissey è iniziata con un piglio che l’ex Smith sembrava aver smarrito da tempo. Perché “You Are the Quarry” prima, poi il live celebrativo dello scorso anno, ed ora questa nuova fatica, dimostrano infine che il Moz ha ritrovato l’ispirazione. Per registrare “Ringleader of the Tormentors”, il Nostro ha abbandonato Los Angeles ed ha scelto Roma, ha affidato la produzione a un’autorità del rock inglese come Tony Visconti e ha trovato persino l’aiuto di Ennio Morricone.
Forse grazie alla mano del maestro, o magari per un caso, Morrissey corregge quelle poche cose che non sembravano a fuoco in “You Are the Quarry” dove, a dispetto di un’ispirazione traboccante, i suoni erano troppo sopra le righe e si avvertiva una certa pesantezza degli arrangiamenti. In queste dodici tracce l’approccio è più diretto e semplice, e quindi anche più elegante, anche se il precedente era un disco più vivo e coraggioso. Ma anche qui le canzoni eccellenti non mancano. Roma è sullo sfondo, dalla passeggiata di “Dear God, Please Help Me” a Piazza Cavour cantata in “You Have Killed Me”, alle sirene di “The Youngest Was the Most Loved”, anche se poi il cuore del disco resta lo stesso Morrissey. Racconta i propri affanni e le proprie inquietudini, a partire da “Dear God, Please Help Me”, un incanto che inizia con un organo e la voce di Morrissey che canta “I am walking through Rome with my heart on a string”, e poi arrivano gli archi arrangiati da Morricone. È l’apice del disco, insieme a “Life Is a Pigsty”, lenta e piena di malinconia, il rumore della pioggia che affiora, lui che ci ricorda come non sia cambiato molto nel suo mondo, “It’s the same old S.O.S.”. Quasi una nuova “Rubber Ring” insomma.
Il resto di “Ringleader of the Tormentors” è un disco molto rock e diretto, pieno di melodie pulite. In qualche caso le chitarre si fanno ruvide, il primo singolo “You Have Killed Me”, “On the Streets I Ran”, e poi “I Just Want to See the Boy Happy” e “The Youngest Was the Most Loved”. Quando le atmosfere si ammorbidiscono, trovano spazio le note più delicate di “I’ll Never Be Anybody’s Hero” e della deliziosa “To Me You Are a Work of Art”. Senza dimenticare l’inizio dell’album, dove i suoni mediorientali si mischiano al rock anni settanta in “I Will See You In Far Off Places”, e Morrissey offre l’unico spunto polemico di “Ringleader of the Tormentors” quando canta “If the U.S.A. doesn’t bomb you, I will see you in far off places”. Insomma un Morrissey in perfetta forma. Qualcuno ne dubitava, forse?