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C’è il rischio di parlare di Jack White come di una specie di Re Mida, eppure ascoltiamo “Broken Boy Soldiers” e quasi quasi ne siamo davvero convinti. Dopo aver rinnovato nel loro piccolo i White Stripes, che in molti davano un po’ per bolliti (non si sa neanche bene per quale motivo), il nostro viso pallido dal capello unto si accoppia artisticamente a Brendan Benson, cantautore pop-rock di certo non abituato a tali attenzioni mediatiche, e chiama a raccolta una vera sezione ritmica (non me ne voglia Meg White) per un lavoro che pur sfiorando la definizione di superfluo si piazza inesorabilmente nelle nostre orecchie di amanti del rock melodico semplice ma efficace.
“Steady As She Goes”, singolo e pezzo d’apertura, non è altro che una melodia di una semplicità imbarazzante messa su quattro accordi di una semplicità imbarazzante. Eppure funziona. La sento la prima volta e so già che la riascolterò per giorni, la canterò sotto la doccia e magari cercherò quei quattro famosi accordi sulla prima chitarra che mi passa fra le mani. E la stessa cosa accadrà altre volte durante i quasi trentacinque minuti del disco in questione. Si tratta di musica facile ma ben suonata, che spesso si basa su un semplice ritornello e niente più (“Intimate Secretary”), e che di questo fa gran tesoro tirando fuori dal cilindro un lento pop come “Together”, una cavalcata ledzeppeliniana come la title-track, o un vero gioiello come “Yellow Sun”.
Potremmo analizzare attentamente una traccia dopo l’altra trovando ogni episodio assolutamente banale e allo stesso momento di vitale importanza. Perché “Broken Boy Soldiers” è un disco che potrebbe essere totalmente inutile per orecchie alla ricerca della novità definitiva come assolutamente necessario per chi, come il sottoscritto, ha un istantaneo bisogno di quella musica fresca e classica allo stesso tempo che, se fra un anno forse sarà un ascolto come un altro, adesso sembra una delle poche cose che vorremmo davvero ascoltare.