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Tornati dagli Stati Uniti senza soldi, il gruppo accusa una stasi umana e compositiva: Neil Halstead si trasferisce a Londra e inizia a sperimentare nuovi percorsi musicali attraverso l’assunzione di trips e lanciandosi sui sentieri della techno, saltuariamente raggiunto da Rachel che si era messa nel frattempo a lavorare part time per fronteggiare la scarsezza economica. Il resto del gruppo restava fermo a Reading, lontano da ogni contatto con Neil e senza possibilità di interagire nel processo creativo di quello che sarà l’ultimo album targato Slowdive, “Pygmalion” (resta invece “unreleased” la colonna sonora realizzata per il film di produzione indipendente “I Am the Elephant, You Are the Mouse”).
La Creation aveva fatto intendere di non essere più interessata alla band, dovendo supportare l’ondata di successo planetaria che stava investendo gli Oasis; inoltre l’entrata della Sony aveva fatto definitivamente scomparire l’estetica che aveva contrassegnato in quegli anni la casa discografica, che aveva però in contratto la pubblicazione di un terzo album dei nostri. Il boss Alan Mc Gee aveva chiaramente detto che l’album avrebbe dovuto essere pop, in caso contrario la band sarebbe stata scaricata. Neil Halstead si butta quindi senza pensarci troppo nell’utilizzo di apparecchiature digitali, computers e loops, di cui il disco è fortemente caratterizzato, concependo un lavoro lontano miglia dal pop richiesto dal suo superiore: musica d’ambienti, loops a dismisura e accenni di post rock per un’opera che ispirerà miriadi di bands in futuro ma allora colpevolmente ignorato e addirittura respinto dalla stampa.
La opening track “Rutti” parla chiaro: pochi ed uguali accordi di chitarra, strofe di cantato ripetute continuamente in un lento e lieve crescendo strumentale a cui si aggiungono tenui percussioni. L’affascinante cavalcata di “Crazy for You”, i loops interminabili di “mirando” e “Blue Skied An’ Clear” e la voce distorta di “Trellisaze” sono quanto di più distante si possa immaginare rispetto agli esordi del gruppo, cosa davvero incredibile se si pensa che al momento della composizione, Nel Halstead non aveva ancora compiuto 25 anni. Il minuto e mezzo di “Cello”, allora deriso dalla stampa britannica, avrebbe fatto la fortuna dei Sigur Ròs; tutto il disco contiene una miriade di soluzioni e stili che sono poi stati adottati da nuovi sperimentatori elettronici, come testimonia la recente antologia “Blue Skied An’ Clear” (Morr Music, 2004), un doppio album di covers (e composizioni ispirate dagli Slowdive) realizzate dai maggiori esponenti della musica elettronica odierna (Mùm, Lali Puna, Ulrich Schnauss) che ha seguito la strada dettata dall’intramontabile gruppo di Reading. Un debito, quindi, dichiarato.
Consegnando “Pygmalion” alla Creation, che lo diede alle stampe limitatamente al solo mercato interno nel febbraio del 1995, gli Slowdive sapevano di andare incontro alla rescissione del loro contratto: la fine si concretizzò poco tempo dopo, quando il flop commerciale non lasciava scampo allo scioglimento del contratto che era stato fissato. A quel punto Christian e Nick lasciarono definitivamente la band poiché non vedevano condizioni per continuare mentre Neil, Rachel ed Ian affittarono uno studio dove registrarono il demo che convincerà il boss della 4AD, Ivo Watts-Russel, a metterli sotto contratto.
Qui inizia la pagina dei Mojave 3, ma questa, come si dice, è un’altra storia.