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Avevamo lasciato Adem nel suo brodo di “bella speranza” dell’indie-folk depresso da cameretta di “Love Songs”, disco che comunque faceva capire di essere davanti ad un autore che ci sapeva fare. Insomma, già con queste cose qui si va a nozze, se poi si dimostra una certa perizia e un certo talento, le cose non possono che migliorare. Ed in “Love and Other Planets” migliorano, eccome. La chitarra acustica accompagna degli arrangiamenti rifiniti ed eleganti, che lasciano spazio all’elettronica povera e strumenti come violini, xilofoni e tastiere assortite. Niente di intrusivo quindi, ma pennellate delicate atte a migliorare la resa di canzoni solide ed evocative. Alla fine è molto probabile che questo disco possa passare nel lettore un paio di volte al mese, perché il valore delle canzoni è oggettivo – devo fare un nome? “Something’s Going to Come”. Davvero notevole – ma da lì a dire che ci ha cambiato la vita sarebbe pretestuoso. Belle canzoni, begli arrangiamenti, bei suoni, belle idee. Ma a leggerne come un disco fantastico ci siamo creati delle aspettative vieppiù deluse. Vabbè.