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E’ sempre invitante leggere un nome sulla copertina di un disco. Nome e cognome e basta. Niente the, niente plurali, niente stramberie. E’ un messaggio diretto, si tratta di qualcuno che si mette in gioco in prima persona, senza capri espiatori o scappatoie, senza alibi, solo se stessi, la propria musica e il proprio nome. Potrebbe trattarsi dell’ennesimo cantautore, del fuoriuscito da una band di culto degli anni ’80 o ’90, di un compositore strampalato, del progetto solista di un componente di qualche gruppo odierno, di folk, elettronica, metal o dance. Un nome non dice nulla, è un incognita, non svela niente della musica.
Prima di mettere il proprio nome e basta sulla copertina dei suoi dischi, James Roberts faceva parte di Sea Urchins e Delta, a proposito dei quali dichiaro la mia totale ignoranza. Ma il nome mi intrigava, ovviamente. Poteva nascondere ballate sofferte o drones distorti, arpeggi di chitarra o loop malati, e invece nascondeva un roboante, ridondante, inutile nulla, ma di quelli congegnati ad arte. Si salvano a malapena la melodia di “It’s all made light” e la conclusiva “The way”, ma si tratta proprio di cercare per forza qualcosa di buono in un lavoro piatto e incolore che non ha guizzi e che non suscita alcun interesse. Nulla di spaventosamente insopportabile o di ignobile, solo poco da dire e troppa poca passione per farlo.
James Roberts non ha tenuto fede al suo stuzzicante nome. Mi chiedo a chi sia piaciuto questo cd. Poi mi casca l’occhio sullo sticker che campeggia in copertina: “Immediately breathtakingly wonderful”, 9/10, NME. Ah, ecco.