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Conosciamo Ron Sexsmith per la sua prolifica carriera di cantautore dai toni colloquiali, attento sia al messaggio lirico dei testi, sia alle melodie che riesce a costruire. “Time Being” é addirittura il suo nono disco e stupisce leggere sulla carta d’identità l’anno di nascita: 1964. Sexsmith sembra ancora un ragazzino e canta con la stessa ed ingenua enfasi di un folk-singer alle prime armi. Ed é questa freschezza il tratto fondamentale che lo eleva rispetto alla media degli autori contemporanei. Sembrano tutti annoiati, tutti disillusi, tutti rassegnati all’idea di essere degli sconfitti. Sexsmith no. Sexsmith continua a cantare i suoi sogni intimisti su delicati arpeggi rubati ad Elvis Costello e Paul McCartney, continua a suonare il suo folk un po’ come Josh Rouse, con un occhio all’amore ed uno verso sé stesso. Ed è una formula che nonostante tutto continua a funzionare. “Time Being”, come tutta la carriera di Ron Sexsmith, non presenta grosse sorprese ed in questo é rassicurante. E’ bello sapere di poter contare ancora su gente del genere e dischi del genere. C’é un punto di “Alta Fedeltà” – il libro, non il film – in cui si dice che le canzoni non ti tradiscono mai. Ecco. E’ esattamente quello che fa pensare un disco così. Verrebbe da chiedere a Sexsmith di suonarne un’altra.