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Appena un anno fa, i newyorchesi Fever si erano candidati come band più inutile di sempre autrice del disco più brutto di sempre, “Red Bedroom”. Ora cambiano completamente le carte in tavola, passando dal punk-funk ad un’eterogenea dimostrazione del fatto che loro, la musica, la ascoltano eccome. “In The City Of Sleep” dura quasi un’ora e, nell’arco di quattordici canzoni, cerca di mettere dentro tutto quello che i Fever hanno assimilato dalle loro esperienze di ascoltatori. C’è di tutto, qui dentro. Dal pop beatlesiano al blues mutante alla Jon Spencer, dalla no-wave alla new-wave, dall’elettronica-punk, dai Suicide al Pop Group passando per i Gang of Four. Un’insalata colossale che si dimentica di fare i conti col fatto che quantità non è uguale a qualità mettendo dentro troppi stili e generi musicali, i Fever non riescono a farne bene nemmeno uno e se prima erano inutili ed innocui, adesso sono anche pretenziosi. Che forse è anche peggio.