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A volte succede che una trentina di svedesi usciti dal nulla ti prendano in giro con il loro gioioso pop corale, e a te non resta che stare al gioco. Perchè di gioco si tratta, un gioco che piace soprattutto quando si è stufi di quell’universo musicale fatto di pose, atteggiamenti e poco altro.
C’era da scommettere sugli I’m From Barcelona già dall’uscita del delizioso EP “Sing!”: il collettivo scandinavo vince per la semplicità, l’ironia e la voglia di non prendersi troppo sul serio; pare evidente ascoltando questo “Let Me Introduce My Friends” che la voglia di divertirsi è tanta e soprattutto vera. Il segreto di questi mattacchioni? la trasparenza: difficile negarsi al messaggio subliminale “Guarda, siamo qui, facciamo musica perchè ci piace, non c’importa molto altro, se non divertirci e divertire, canta insieme a noi!”. E così tutti a cantare quei “na, na, na!” come degli imbecilli, con allegra innocenza e senza imbarazzo, perchè tanto c’è qualcuno di (apparentemente) più stupido di noi che di quei “na, na, na!” ne ha fatto una canzone dal titolo “We’re From Barcelona”, non a caso il singolo trainante. “apparentemente stupido” perchè questo è pop di classe e la band di Jönköping potrebbe farci i soldoni, visto anche l’immediato contratto EMI. Non sarà disco dell’anno ma senz’altro una valida colonna sonora estiva oltre che una piacevole novità in quest’arido 2006. Notevole per un gruppo che ha semplicemente inventato canzoncine degne di “Aggiungi un posto a tavola” e le ha imbastite di tutto ciò che il migliore pop di scuola Stuart Murdoch prevede: cori, handclapping, archi e fiati a volontà.
Senza scomodare più di tanto i Belle & Sebastian, gli svedesi possono ricordare i Polyphonic Spree privati di quel poco di serietà spirituale e i connazionali Laakso e Architecture in Helsinki in versione meno cervellotica. Una media di tre minuti a canzone, dal glockenspiel dell’iniziale “Oversleeping” all’atto d’amore “Barcelona Loves You”, passando per la demenziale “Collection of Stamps”, le risate di “Rec & Play” e il falsetto di “This Boy”. Tutto all’insegna della spensieratezza, non senza qualche pennellata malinconica come il “Don’t be afraid, cause everything is gonna turn to be ok” di “Ola Kala”, ritornello sospeso e dilatato come una nuvola grigia in mezzo al cielo sereno, o la più posata Chicken Pox. A tutto questo basta aggiungere il singolo già citato e la splendida “Treehouse”, una delicata favola di lui e lei soli su una casa sull’albero, un banjo ad accompagnare poche parole ripetute più volte.
L’unico passo falso è la “Saddest lullaby” in chiusura, non abbastanza triste e piuttosto noiosa; ma subito trovato il punto debole, è sufficiente una tamburellante ghost track che sa tanto di scarto a farti tornare il sorriso sulle labbra, ed è un trionfo per gli I’m From Barcelona.