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La signorina Jolie Holland è brava. Molto brava. Ha un talento naturale per la musica e una capacità particolare nel ricercare le sonorità del folk pre-industriale, del jazz vocale e del blues urbano. Merito della sua educazione sentimentale, che ha avuto come maestri Scott Joplin, Besse Smith e Nina Simone più che Beatles e Rolling Stones. Il mondo della rossa malpela finisce laddove il rock comincia. Per lei Elvis Presley è un alieno che perdeva troppo tempo a mettersi la brillantina e ad agitare il pelvis. Chissà, magari per lei è veramente solo ritornato sul suo pianeta. Molto meglio dedicarsi alle “canzoni della nonna” della vera tradizione americana. Ma con una formula nuova. Questo perché ora, la signorina Jolie Holland, può contare sull’apporto di una band vera e propria e non più su compagni di viaggio occasionali (come in “Escondida”) o sulla perfetta solitudine (“Catalpa”).
Ne risulta uno “Springtime Can Kill You” che è certamente lavoro maturo. Troppo maturo. Le canzoni hanno perso la forza dell’ingenua freschezza che rendevano i precedenti lavori quasi indispensabili. Ben scritto, ben confezionato, ben arrangiato. Appunto. Tutto perfettino. Tutto ben fatto. Ed è sì un bell’ascolto, ma non di quelli che ti portano a sperare ad un tour imminente o ad un nuovo album in breve tempo. Questo perché così si è forse tradita l’essenza naturale della tradizione musicale che vuole nell’incertezza e nello stento la propria forza rigeneratrice. Cose che con questo prodotto fatto e finito, purtroppo per lui, non c’entrano assolutamente niente.