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Un’intera punk band in una tipa di un metro e mezzo. L’hanno definita così, Miss Violetta Beauregarde, e non sono andati molto lontano dal vero: dietro alle urla scomposte e all’elettronica a basso costo, c’è una ragazza che ha l’aria di divertirsi un mondo, facendo musica volutamente fastidiosa (ma mai inascoltabile) o sputando veleno attraverso il frequentatissimo blog Heidi666. Intanto, nonostante il personaggio sia diventato tremendamente cool, Violetta fa sul serio: smette i panni da Suicide Girl e si accasa alla Temporary Residence, un’etichetta di solito abituata a gentilezze di pop stranito o a grantici post-rockers emozionali, e getta in faccia a tutti sedici bozzetti strillati a tutta gola.
Pare quasi di vederla, Violetta, mentre stringe il microfono e si agita sulle assi del palco facendo saltare le basi: “Odi profanum vulgus et arceo” (citazione di Orazio quanto mai appropriata, “odio la massa ignorante e me ne tengo lontana”) è una devastante scheggia di diciannove minuti, capace di mettere assieme la furia punk delle Bikini Kill con l’hardcore digitale degli Atari Teenage Riot, ma senza l’ansia politicizzata di entrambe queste band. Qui tutto sembra fatto solo per sfogarsi divertendosi, dalle esagerazioni di “Flanger when you die” ai bassi gommosi di “Try to misunderstand this one”, dai delay di “The dirt between my feet’s fingers” ai geniali titoli (dopo la “Sesso illustrato per Silvestrin” del primo album, ora la nostra se ne esce con un pazzesco Non posso credere che i porcospini abbiano un osso nel loro cazzo).
Se è vero che il punk e l’estetica DIY hanno trovato casa nell’elettronica, questo disco allora né è un simbolo efficace: forse vale meno di quanto l’hype ti fa credere, ma è comunque irrinunciabile. E comunque, poco importa: tra un momento Violetta ricomincerà a vomitare parole di fuoco, su voi e anche su questa recensione. Con un sorriso beffardo a incorniciare il tutto.