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Gli Hidden Cameras cambiano forma ma non sostanza. Arrivati al terzo disco, il gruppo di Joel Gibb si allontana dal muro di suono pieno di orpelli e delicatezze pop alla Polyphonic Spree dei precedenti “The Smell of Our Own” e “Mississauga Goddam” per addentrarsi in territori più rock per quello che è forse il loro disco più smithsiano. I richiami a Morrissey erano una flebile costante nei lavori della band, affogati però in un architettura pop barocca che finiva per allontanare il dettaglio. Qui in “Awoo” invece – pur perseverando su una certa ricchezza armonica e su arrangiamenti comunque elaborati – i particolari emergono con prepotenza e respirano a pieni polmoni. La voce di Gibb si alterna in sussurri alla “Belle & Sebastian” (non a caso definiti da più parti gli Smiths degli anni ’90) su delicati tappeti d’archi e sterzate più decise in canzoni pop che possono anche essere una novità nel repertorio medio degli Hidden Cameras. Per quanto riguarda il risultato globale, “Awoo” è forse il disco che più degli altri può essere considerato il punto fondamentale di questa band. E’ un lavoro che cresce con gli ascolti e copre con le canzoni i difetti che nei precedenti dischi erano coperti con arrangiamenti e suoni – stringi stringi – abbastanza inutili.